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Consulta dei Presidenti e Vicepresidenti degli OdG Regionali. Per la Revisione degli Albi dell’Ordine un nuovo punto di riferimento: la formazione e i crediti

Come tutti gli anni, il Consiglio dell’Ordine deve svolgere, secondo l’art. 41 della legge n. 69 del 1963 (legge che regola l’ordinamento della professione giornalistica), la “Revisione degli Albi” per constatare le eventuali inattività degli iscritti, sia giornalisti professionisti che giornalisti pubblicisti, come ribadito anche dall’art. 30 del D.P.R. n. 115 del 1965 che recita al primo comma: “Il Consiglio Regionale o Interregionale provvede alla tenuta dell’Albo e deve almeno ogni anno curarne la revisione”. Dell’argomento si è discusso nella riunione della Consulta dei Presidenti e Vicepresidenti tenutasi a Roma nella sede dell’Ordine Nazionale il 7 maggio 2019.

Nella quale si è cercato di fare chiarezza sulle modalità di attuazione della legge in modo da permettere ai vari Ordini Regionali un’applicazione il più possibile omogenea su tutto il territorio nazionale.

L’art. 41 prevede al primo e terzo comma: “È disposta la cancellazione dagli elenchi dei professionisti o dei pubblicisti dopo due anni di inattività professionale. Tale termine è elevato a tre anni per il giornalista che abbia almeno dieci anni di iscrizione” e “Non si fa luogo alla cancellazione per inattività del giornalista che abbia almeno quindici anni di iscrizione all’albo […]”.
Questi sono i riferimenti normativi che il Consiglio dell’Ordine deve adottare per valutare l’eventuale inattività e di conseguenza la cancellazione dall’Albo.
Per quanto riguarda i professionisti, il dispositivo di legge è chiaro: l’art. 40 recita “Il giornalista è cancellato dall’elenco dei professionisti, quando risulti che sia venuto a mancare il requisito dell’esclusività professionale. In tal caso il professionista può essere trasferito nell’elenco dei pubblicisti, ove ricorrano le condizioni di cui all’articolo 35 (modalità d’iscrizione nell’elenco dei pubblicisti), e ne faccia domanda”.
Invece per quanto riguarda i pubblicisti, la valutazione è più complessa e la giurisprudenza non ci viene in aiuto. In questo caso il focus verte, oltre che sull’inattività, anche sul compenso. Infatti, una prima sentenza della Corte di Appello di Bologna del 16 febbraio 1973 mette in evidenza anche l’aspetto retributivo e recita: “Se pertanto l’articolo 41 commina la cancellazione dall’Albo per inattività professionale, il valore da attribuire all’espressione inattività non può non essere desunto da quelle norme della legge medesima che definiscono quale attività sia prescritta per l’appartenenza all’Ordine dei giornalisti: e cioè dall’articolo 1 che nel quarto comma prescrive per la categoria dei pubblicisti una attività giornalistica non occasionale e retribuita”.

Tuttavia, nella sentenza del Tribunale di Torino del 6 luglio 1982 l’aspetto retributivo non è invece considerato parametro di valutazione. Infatti tale sentenza (Cancellazione per inattività professionale – Attività retribuita – Non è richiesta) recita: “In questo capo III artt. 37/44 legge del 3 febbraio 1963 n. 69 si tratta delle varie cause di cancellazione dall’albo, alcune comuni a giornalisti e pubblicisti, altre no: fra le prime v’è appunto l’inattività, regolata dall’articolo 41; questo, nella parte che qui interessa recita testualmente: È disposta la cancellazione dagli elenchi dei professionisti o dei pubblicisti dopo due anni di inattività professionale. Nessun riferimento, quindi, alla necessità che l’attività sia retribuita, perché l’interessato possa mantenere il diritto all’iscrizione all’elenco […]. Se ne deve forzatamente dedurre che il concetto di inattività del pubblicista, ai fini della cancellazione dall’albo, deve intendersi come mancato svolgimento della normale attività pubblicistica, e non può estendersi anche allo svolgimento di attività non retribuita, posto che il pubblicista non è un professionista come invece il giornalista. Invocare il requisito della mancata retribuzione è quindi, nel caso in esame, fuor di luogo, posto che tale requisito è richiesto per i pubblicisti solo ai fini dell’iscrizione nell’albo, come dimostra il fatto che questa parte dell’articolo 35, inserita nel capo I del titolo II della legge, non è in alcun modo riproposta al capo II. La cancellazione dall’albo non può quindi esser pronunciata al di fuori delle tassative ipotesi previste dalla legge, che non contemplano, per il pubblicista, la cancellazione in caso di attività non retribuita, ma solo di inattività professionale, da intendersi nel senso sopra illustrato”.
Per affrontare il tema della revisione degli Albi, nella riunione romana si sono definiti alcuni criteri di priorità condivisi da tutti i Consigli Regionali: uno fra tutti è il possesso dei crediti formativi da parte dei colleghi sottoposti a revisione. La formazione può essere un importante riferimento se si considera che un collega in attività deve avere assolto l’obbligo formativo e conseguito i crediti stabiliti per legge.
Sarà un lavoro lungo e complesso a cui il Consiglio Regionale dovrà fare fronte con un impegno sempre maggiore.
Emilio Bonavita
Vicepresidente del Consiglio regionale dell’Odg Emilia-Romagna
(18 maggio 2019)