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Il giornale è il mio amore di Giancarlo Tartaglia. Un volume singolare dedicato ad Alberto Bergamini, celebre inventore del giornalismo moderno e della Terza Pagina

Giancarlo Tartaglia tratteggia con sensibilità e finezza storiografica il profilo, la personalità, le imprese giornalistiche di uno dei “padri nobili” della stampa italiana. Il nuovo libro del direttore della Fnsi si intitola Il giornale è il mio amore. Alberto Bergamini inventore del giornalismo moderno. Uscito per i tipi di All Around Editore nella collana “I quaderni” (prezzo di copertina 15,00 euro, disponibile anche online), sviluppa una narrazione fra storia e memoria per ripercorrere la vita e le tappe professionali di Bergamini, che “è stato, insieme ad Albertini e Frassati, l’artefice e l’interprete di una stagione irripetibile della storia politico-giornalistica del nostro Paese”.

Nato a San Giovanni in Persiceto (Bologna) il 1° giugno 1871, non ancora ventenne Alberto Bergamini inizia a coltivare la passione per il giornalismo. Collabora con il Resto del Carlino di Bologna, è redattore e direttore al Corriere del Polesine di Rovigo (espressione del gruppo liberale-monarchico) e corrispondente del Corriere della Sera di Milano. Nel 1898 viene assunto all’ufficio di corrispondenza romano del Corriere della Sera, guidato da Michele Torraca, e nel 1901 decide di fondare e dirigere Il Giornale d’Italia, il quotidiano romano più diffuso per decenni nel centro Italia e nel Mezzogiorno.
Il nome di Bergamini è legato a diverse innovazioni nel modo di fare giornalismo all’inizio del XX secolo. È considerato l’ideatore della Terza Pagina (dedicata alla cultura), per la quale adotta il carattere tipografico “elzeviro” e introduce l’uso di illustrazioni, immagini, fotografie. La prima “terza pagina” esce il 10 dicembre 1901, in occasione del debutto della tragedia Francesca da Rimini di Gabrile D’Annunzio (protagonista Eleonora Duse) al Teatro Costanzi di Roma. Ma la vera e dirompente novità è che Bergamini pone al centro del giornalismo la ricerca e l’inseguimento costante delle notizie.
L’avvento del Fascismo e la salita al potere di Mussolini lo inducono a lasciare la direzione del Giornale d’Italia, a vendere le quote della società editrice e, dopo aver subito un’aggressione a colpi di pugnale (forse a sfondo politico), ad abbandonare Roma nel 1924.
Oltre che giornalista di idee liberali e direttore “innovatore”, Alberto Bergamini è anche sindacalista e uomo politico. Lasciando la Capitale si dimette anche dalla presidenza della Federazione della Stampa (dove è stato eletto nel 1923), che alla fine del 1926 viene sciolta e sostituita dal Sindacato nazionale fascista dei giornalisti.
Caduto il Fascismo, torna a dirigere il Giornale d’Italia ed è eletto vicepresidente della ricostituita Federazione Nazionale della Stampa, di cui diviene presidente il 7 giugno 1944.
Nel 1946 viene eletto all’Assemblea costituente e successivamente nominato Senatore (durante la campagna referendaria appoggia la Monarchia). Da aprile 1956 a gennaio 1962 è di nuovo nominato presidente della Fnsi, carica che mantiene fino al 1962 (anno in cui scompare a Roma il 22 dicembre) mostrando sino alla fine un’estrema attenzione per i problemi della professione.
Senza nulla togliere ad altri illustri giornalisti del suo tempo, come afferma Giancarlo Tartaglia, “a ben vedere Bergamini è una delle figure più significative del giornalismo italiano del primo ‘900”.
Giancarlo Tartaglia è direttore della Federazione Nazionale della Stampa Italiana (Fnsi) e Segretario Generale della Fondazione sul Giornalismo Italiano “Paolo Murialdi”.
È stato collaboratore di Nord e Sud, La Voce Repubblicana, Roma, La Gazzetta del Mezzogiorno, Nuova Antologia. Ha pubblicato studi e ricerche sul mondo laico e democratico italiano e diversi saggi di storia contemporanea.
Franca Silvestri
(18 febbraio 2019)

Nota sulla Terza di Claudio Santini
È una rappresentazione al Teatro Costanzi di Roma l’occasione per un esperimento giornalistico che farà scuola. Il 10 dicembre 1901 per l’attesa e solenne presentazione scenica della Francesca da Rimini di D’Annunzio, con l’interpretazione della grande Eleonora Duse, Bergamini progetta una pagina monografica con più articoli e diverse chiavi di lettura: culturale, musicale, pittorica, mondana. Incarica i più qualificati esperti e colloca il materiale in una pagina dedicata: dopo la prima (tradizionale fondo e cronaca rilevante), dopo la seconda (tutta politica), prima della quarta (notizie e pubblicità). Nasce così la Terza, che da allora diventa luogo consacrato alla tematica culturale. (…) La Terza è l’oasi fra la politica e la cronaca, il giornale nel giornale, il “salotto buono” del quotidiano (secondo la nota frase fatta). È una scrittura che distingue l’articolo d’apertura anche per carattere tipografico: l’Elzevier, dal nome della celebre e storica famiglia di editori. (…) La formula magica di Bergamini resiste a lungo.
(Estratto da Il pane raffinato della letteratura sulla mensa popolare dei giornali. Come è cambiata la Terza Pagina: dai primi esperimenti al web, in Giornalisti Emilia-Romagna n.75 – settembre 2009)