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LA STAMPA È LIBERA O IN LIBERTÀ VIGILATA? Querele temerarie: il “caso” di due testate reggiane. La solidarietà dell’Ordine regionale dei Giornalisti

Quando si parla di stampa, non si può sottacere che sia “la professione più bella e RISCHIOSA del mondo”. Di pari passo l’interrogativo: “La stampa è libera o in libertà vigilata?”. Tale affermazione è supportata dal fatto che:
– Ricerca della verità, responsabilità e libertà sono inseparabili. L’etica è l’obiettivo più importante della professione di giornalista. Ma qual è il rapporto dei mezzi di informazione con la libertà di informazione sancito dall’art. 21 della Costituzione?
– Il tema dei rischi legati alla professione (minacce, pressioni indebite, querele temerarie da chi si crede untouchable, la pena del carcere per diffamazione, tentativi di imbavagliare la libera stampa) è da tempo monitorato dall’Ordine dei Giornalisti.

Un caso di “querela temeraria”
Ingaggiando fior fior di avvocati, leggiamo che i rappresentanti di interessi economici sono ricorsi alle vie legali nei confronti di due testate reggiane (La Voce e Reggio Report) e di Pierluigi Ghiggini, giornalista, chiedendo milioni di euro di danni per articoli ritenuti non graditi, diffamatori. Si riferiscono ad un giornalismo di inchiesta di giornalisti con la schiena diritta che hanno scavato, verificato per scrivere parole di verità. Quei rappresentanti di interessi economici, anziché avvalersi del diritto di replica, hanno preferito scegliere le vie giudiziarie, illudendosi di rimborsi in denaro e di limitare la libertà di stampa con una causa per diffamazione che noi definiamo “una querela temeraria”. In attesa che la querela faccia il proprio corso, solidarietà al collega giornalista e agli editori.
Questi i fatti che ci stimolano nell’approfondire il tema: “La stampa è libera o in libertà vigilata?”.
– Mentre dal marzo 2013 un provvedimento per cambiare la barbarie della legge sulla diffamazione rimbalza tra Camera e Senato, senza essere approvato, i giornalisti continuano a rischiare di essere condannati al carcere…
– “No al carcere per i giornalisti”. Con questo slogan, mercoledì 15 giugno 2016, eravamo sotto l’obelisco di Montecitorio, a Roma, per difendere il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente. Per far tacere i giornalisti da tempo c’è infatti l’abitudine di minacciarli con le cosiddette querele temerarie per diffamazione a mezzo stampa, reato che prevede non solo sanzioni pecuniarie, ma anche richieste risarcitorie di importi esorbitanti e il carcere fino a sei anni.

Per la “Libertà di stampa”
“La libertà di informazione, come il pluralismo, deve rimanere uno dei pilastri su cui si regge un sistema davvero democratico” – ha scritto Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica, nel suo messaggio all’Ordine dei Giornalisti – “Il mio augurio è che guardando alla gloriosa storia del giornalismo italiano e al sacrificio di molti vostri colleghi, essa sia sempre di più la casa della trasparenza, della verità, della professionalità, della formazione e della deontologia professionale”
“Io ho un concetto etico del giornalismo. Un giornalismo fatto di verità impedisce molte corruzioni, frena la violenza e la criminalità, impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace, per vigliaccheria o per calcolo, si porta sulla coscienza tutti i dolori umani che avrebbe potuto evitare e le sofferenze, le sopraffazioni, le corruzioni e le violenze che non è mai stato capace di combattere” – ha scritto Giuseppe Fava e Fava fu assassinato dalla mafia.

“Il dovere della verità”, sta scritto all’ingresso della sede nazionale dell’Ordine.
Come detto, il sottoscritto, il collega Fabio Zani e l’amica (pure lei giornalista) Anita Garibaldi eravamo in Piazza Montecitorio per chiedere una nuova legge che punisse sì la diffamazione a mezzo stampa, ma evitando il carcere. Per le querele temerarie, una norma che preveda, da parte del querelante, il deposito di una somma pari al 50% rispetto a quella richiesta per danni; tale somma verrebbe consegnata al querelato qualora il giudizio fosse a lui favorevole.

Perché la stampa “è in libertà vigilata”
1. L’editore condiziona la linea.
2. I grandi (e per le testate web, anche i modesti/piccoli) inserzionisti sono simili agli untouchables.
3. Le minacce da parte di ‘ndrangheta, camorra, mafia.
4. La querela per diffamazione.
5. Le subdole querele temerarie con richiesta di danni patrimoniali.
Il giornalismo, nonostante tutto, è un mestiere che si sceglie per passione. E per questo lo si vorrebbe continuare a fare. Basterebbe poco, basterebbero condizioni minime migliori e sembra che, finalmente, qualcosa si muova: la pubblicazione, il 3 luglio della proposta di legge Liuzzi e Businarolo: “Modifiche alla legge 8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura civile in materia di diffamazione, di diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di diffusione e di condanna del querelante” (Atto Camera: 1700).

Mario Paolo Guidetti
Consigliere tesoriere dell’Ordine dei giornalisti Emilia-Romagna
(13 ottobre 2019)