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Lo Sportello legale di Ossigeno difende la libera stampa e l’informazione italiana con il sostegno di MLDI. Le parcelle degli avvocati non gravano sui giornalisti

Valerio Vartolo è avvocato penalista, si occupa soprattutto della difesa di giornalisti coinvolti in procedimenti giudiziari. È esperto di problemi, casistica e giurisprudenza del settore giornalistico e insieme ad Andrea Di Pietro è responsabile dello Sportello legale di Ossigeno per l’informazione, una sorta di pronto soccorso per cronisti, reporter e blogger vittime di querele temerarie in ambito penale e citazioni civili con rilevanti richieste di risarcimento danni.
Oltre a spiegare l’importante funzione dello Sportello legale di Ossigeno, Vartolo mette a fuoco lo stato dell’informazione in Italia, l’approccio culturale della categoria e i fondamentali della professione.

Quando è nato lo Sportello legale di Ossigeno per l’informazione e da quando te ne stai occupando?
«È nato l’anno scorso da una cooperazione con MLDI (Media Legal Defence Initiative), una ong con sede a Londra che si occupa di libertà di stampa e difesa dei giornalisti. Me ne occupo insieme al collega Andrea Di Pietro da quando è nato, da circa un anno. Lo Sportello è finanziato da MLDI, che per alcuni casi di particolare rilievo paga le parcelle agli avvocati, senza ulteriori incombenze per i giornalisti. È molto importante perché coloro che si rivolgono allo Sportello spesso sono free lance o giornalisti di testate medio-piccole che farebbero una gran fatica a sostenere le spese legali. Perché uno dei primi problemi quando arriva una querela o un atto di citazione è quello di dover pagare l’avvocato. Quindi il sostegno di MLDI è fondamentale per Ossigeno».


Lo Sportello legale di Ossigeno non ha nessun finanziamento italiano?

«No, è finanziato solo da MLDI, non ci sono altre forme di sostegno. Questo Sportello legale è un ulteriore passo nella storia di Ossigeno, che è nato come osservatorio per monitorare su tutto il territorio nazionale i casi di offese e limiti alla libertà di stampa dei giornalisti minacciati. Da qualche anno, Ossigeno ha compiuto un ulteriore passo che lo ha portato a cooperare con altre associazioni non governative europee per monitorare su tutta Europa le limitazioni alla libertà di stampa. E questo dello Sportello legale è un terzo passo nella sua storia che mette in campo iniziative concrete a sostegno dei giornalisti colpiti da citazioni o querele temerarie. Secondo me, è importante proprio questa evoluzione della struttura di Ossigeno per l’informazione».


Il direttore di Ossigeno Alberto Spampinato ha definito lo Sportello legale come una sorta di pronto soccorso per i giornalisti
.
«Esattamente. Nessuna definizione poteva essere più precisa. Diciamo che Alberto Spampinato e il professor Mennella si occupano di tutta la grande, sterminata attività di ricerca e cooperazione di Ossigeno, invece a me e al collega Andrea Di Pietro compete il coordinamento dello Sportello legale, del pronto soccorso di Ossigeno per l’informazione».


I giornalisti che si rivolgono al vostro Sportello svolgono la professione in Italia?

«Sono tutti giornalisti che operano sul territorio nazionale. Da una prima stima emerge che sono soprattutto free lance, blogger o appartenenti a testate medio-piccole. E questa identikit mette a fuoco il vero problema, cioè che i giornalisti attivi nei grossi giornali hanno una copertura finanziaria da parte del gruppo editoriale, mentre questo non accade ai giornalisti delle testate piccole e medie. Le spese legali di chi si rivolge allo Sportello di Ossigeno vengono pagate da MLDI. Ovviamente stiamo parlando soltanto delle parcelle degli avvocati, se il giornalista viene condannato, MLDI e Ossigeno non rifondono quelle spese. È importante precisarlo per non creare fraintendimenti. Però è fondamentale che almeno l’onorario degli avvocati venga corrisposto da MLDI, in modo da non gravare ulteriormente sui giornalisti».


Dal dossier Taci o ti querelo! emerge che nella maggior parte dei casi le querele sono davvero temerarie e non si concludono quasi mai con una condanna del giornalista.

«Il problema però è esattamente questo. La temerarietà della querela o la temerarietà della citazione in sede civile non fanno venir meno le spese legali a carico del giornalista. Bisogna tener conto che un processo penale dura almeno due-tre anni, un processo civile anche di più. In tutto questo periodo non soltanto il giornalista sta con questa spada di Damocle (con tutti i rischi che ne conseguono, a partire da quello dell’autocensura) ma ci sono dei costi enormi che purtroppo, anche se la lite è temeraria, devono essere sostenuti. Perché la temerarietà della lite, anche se è evidente già in una fase preliminare, viene determinata dal giudice soltanto alla fine del processo. E quindi, comunque, il giornalista deve sopportare i costi».


Questo evidenzia l’importanza di uno Sportello legale come il vostro.

«Sì, ma non soltanto per il pagamento degli onorari, per quanto importante. C’è un’ulteriore questione, che è quella della specializzazione in questo lavoro. Perché oggi, sempre di più, è fondamentale cercare di introdurre nei nostri tribunali tutta la giurisprudenza della Cedu, la Corte di giustizia europea, che è avanti anni luce in tema di diritti sulla libertà di stampa. E non sempre i tribunali italiani recepiscono questa giurisprudenza. Quindi, il fatto che ci sia uno Sportello con degli avvocati specializzati in queste tematiche fa sì che ci sia anche una maggiore conoscenza di questi fenomeni. Non solo: un altro problema è che molte volte i giornalisti dei piccoli giornali, i free lance e i blogger restano con il proprio avvocato d’ufficio, che spesso non ha una conoscenza di questi temi».


È un rilievo importante. Forse la specializzazione dei legali può fare da deterrente.

«In realtà, la migliore deterrenza sarebbe quella di una legislazione dedicata. La normativa vigente deve essere rivista. Il ddl sulla diffamazione è bloccato al Senato da due anni e non si riesce a far venir fuori una legislazione migliore, che soprattutto depenalizzi o per lo meno tolga il carcere per la diffamazione, quindi per la querela in senso penale. Però l’emergenza più grave è quella della citazione civile, perché è con la citazione civile che si fa un danno economico fortissimo. Ossigeno ha potuto valutare che ci sono giornali le cui sedi sono state pignorate a seguito dell’impossibilità di pagare le somme disposte dal giudice. E quindi, a mio avviso, è proprio sull’azione civile che bisognerebbe avere una legislazione orientata su quella del modello anglosassone, che prevede la corresponsione di una sorta di caparra. Ad esempio: se chiedo un risarcimento danni poniamo di 100mila euro, devo dare una caparra del 20 per cento. Se perdo, oltre a pagare le spese legali, perdo anche il 20 per cento della somma che ho chiesto. Questo non solo sarebbe un deterrente per evitare le citazioni civili temerarie, ma in qualche modo farebbe sì che, anche se le citazioni venissero fatte, sulla somma della citazione non si chiedessero cifre che spesso sono spropositate. Perché stiamo parlando di centinaia di migliaia di euro che vengono chiesti anche a un piccolo giornale locale, che poi deve segnare immediatamente tra le voci passive di bilancio questa somma, con tutti i problemi che ne conseguono».


Finora quanti giornalisti si sono rivolti allo Sportello legale di Ossigeno e che tipo di problematiche vi hanno sottoposto?

«Sono almeno una ventina i giornalisti che si sono rivolti a noi nell’arco di un anno con querele penali, citazioni civili e anche procedimenti dinanzi al Consiglio di disciplina degli Ordini dei giornalisti. Abbiamo visto un po’ di tutto. Come tipologia sono blogger, free lance, giornalisti appartenenti a redazioni tendenzialmente medio-piccole».


La situazione di fortissimo precariato che c’è nel settore dei media quanto incide?

«È un dramma perché quando arriva una querela o peggio ancora una citazione civile in cui sono chiamati a risponderne sia il giornalista che l’editore accadono due cose. Innanzitutto c’è il comportamento del giornalista che lentamente tende ad autocensurarsi, perché è difficile in concreto essere degli eroi quando non si ha alcuna copertura finanziaria. Questo dobbiamo dirlo in maniera molto chiara. E poi c’è il comportamento dell’editore, che spesso tende a dare meno spazio a un tipo di giornalismo d’inchiesta, che fa le pulci al potere. E quando parlo di potere, non parlo soltanto dei grandi poteri, parlo anche dell’amministrazione comunale. In Italia, non avendo la figura dell’editore puro, abbiamo editori che spesso sono in qualche modo costretti ad avere rapporti con le pubbliche amministrazioni. Questo, ovviamente, costituisce un problema enorme, perché nel momento in cui il giornalista deve scrivere qualcosa contro un determinato potere può creare serissimi problemi in capo all’editore. E in precariato ovviamente è ancora più grave: quando ci sono figure contrattuali di assoluto precariato, il giornalista non è neanche coperto dall’editore e quindi tutte le spese sono a suo carico. Insomma, il problema delle querele penali o delle citazioni civili purtroppo non si risolve soltanto (e già non sarebbe poco) nell’aspetto giudiziario, ma c’è un contorno, se non più grave, altrettanto grave perché riguarda la qualità della stampa e dell’informazione».


Questo sarebbe il nodo, però è un discorso estremamente complesso da affrontare. Ossigeno per l’informazione è nato anche con il sostegno dell’Ordine dei giornalisti e della Fnsi, cosa potrebbero fare oggi Odg e Sindacato?

«Devo dire che l’Ordine dei giornalisti e l’Assostampa dell’Emilia-Romagna sono particolarmente sensibili a queste tematiche. E infatti io e il collega Andrea Di Pietro collaboriamo anche con l’Aser. Il problema è che tutti gli Ordini e tutte le Associazioni della stampa dovrebbero seguire questi esempi virtuosi. Ma alla fine è sempre questione di risorse economiche. Non sarà elegantissimo parlarne, però sono quelle che in realtà servono. Da questo punto di vista l’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna e l’Aser sono molto avanti rispetto ad altre realtà locali italiane».


Forse occorrerebbe una maggiore presa di coscienza, da parte di tutti. E magari il radicamento di una cultura della giustizia capace di preservare la dignità di questa professione, anche perché i riverberi vanno su una informazione corretta, giusta, al servizio del cittadino
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«È assolutamente vero. La questione culturale è fondamentale, cioè l’importanza e il ruolo della libera stampa sono fondamentali. Nei paesi anglosassoni, per esempio, il numero di querele e di citazioni civili e assolutamente imparagonabile a quello italiano, ma per un motivo molto semplice, perché lì la stampa viene vista come un vero e proprio contropotere. Sarebbe inaudito convocare in tribunale dei giornalisti, assolutamente inaudito in quella dimensione culturale, perché la stampa viene vista alla stregua del potere giudiziario. Forse le varie Associazioni della stampa e gli Ordini dei giornalisti potrebbero dare un contributo alla crescita di questa dimensione culturale. Ma bisognerebbe ragionare anche di qualità dell’informazione. Perché è vero che nel sistema anglosassone la stampa è un vero e proprio contropotere, ma c’è anche un’accuratezza nello studio delle fonti, nell’incrociare le fonti e un lavoro investigativo che probabilmente non sempre, anche per ragioni economiche, la stampa italiana riesce a fare».

Franca Silvestri

(31 dicembre 2016)