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Minacce a Benedetta Salsi: Facebook rimuove dei post ma non oscura la pagina

Alcuni giorni fa c’era stata una nuova, ferma denuncia della Commissione Pari Opportunità della Fnsi rispetto al persistente rifiuto di Facebook di rimuovere i post offensivi e intimidatori indirizzati alla giornalista Benedetta Salsi del Carlino Reggio. Per ben 35 giorni quei contenuti oltraggiosi sono rimasti sul web. Il colosso dei social media ha ignorato persino un’ordinanza della magistratura italiana che l’8 marzo aveva disposto l’oscuramento di due pagine di stampo islamista per i reati di minacce aggravate e diffamazione a danno della collega reggiana.
Finalmente Facebook ha eliminato una parte di quei post scabrosi, ma ancora non ha oscurato la pagina di “Musulmani d’Italia-Comunità”. Ecco i commenti “a caldo” di Benedetta Salsi.

Facebook ha rimosso parte dei contenuti ma non tutta la pagina come aveva disposto l’ordinanza del Gip e nonostante diversi richiami del giudice ai vertici del social. Cosa puoi dire rispetto a quanto è accaduto finora e di questa rimozione incompleta?
«Purtroppo sono rimasti dei post che riguardano me, il giornale e il collega Andrea Fiori (offeso e minacciato a sua volta). Non comprendo il motivo. Ma innanzitutto non capisco perché questi contenuti che sono stati ritenuti offensivi da parte della multinazionale Facebook siano rimasti pubblici per 35 giorni sul web. Bisognerebbe capire come mai c’è voluto tanto tempo perché venisse riconosciuto come offensivo quel post iniziale che conteneva tutte le calunnie e le minacce nei miei confronti. Inoltre, trovo gravissimo che non sia stata accolta l’ordinanza del Gip che disponeva l’oscuramento dell’intera pagina e che i vertici di Facebook abbiano agito in maniera arbitraria decidendo loro quali fossero i contenuti da cancellare. A questo punto è una questione di giustizia, perché è stato disatteso un ordine del Gip».


Naturalmente, il tuo auspicio è che si provveda a una rimozione totale dei post.

«Certo. Anche perché rimane una questione fondamentale e cioè il fatto che una persona sottoposta a misure cautelari, a misure di prevenzione personale – in altre parole un sorvegliato speciale indagato per istigazione al terrorismo – che non può uscire la sera per andare al bar, possa invece amministrare delle pagine Facebook viste da migliaia di persone. È un tema spinoso, che sarebbe importante affrontare. Spero che questa spiacevole vicenda che mi riguarda possa essere un’occasione per rivedere anche i regolamenti e i rapporti fra la giustizia italiana e i social network, che sono strumenti di comunicazione ancora più diffusi e permeabili degli stessi mezzi di informazione (giornali, tv, radio, siti Internet). Facebook raggiunge tantissime persone. Quindi, c’è bisogno che venga regolamentato di più: non è possibile che si debba parlare con l’America tutte le volte che la giustizia deve chiedere di intervenire».

Franca Silvestri

(1 aprile 2016)