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AAA Giornalista cercasi. Sì, ma gratis. È l’offerta del Ministero dell’Interno

Pubblichiamo il contributo di una collega, che non fa parte dei consigli di Ordine e Sindacato, ma si dimostra attenta ai problemi della categoria e manifesta il suo punto di vista su una questione che potrebbe essere presa in considerazione dai nostri organismi istituzionali.

E così è esplosa in questi giorni di ‘botto’ l’indignazione per il bando per il Dipartimento per le Libertà Civili e l’Immigrazione, pubblicato sul sito del Viminale lo scorso 9 marzo, con scadenza il 18, alla ricerca di una figura di ufficio stampa, rigorosamente giornalista professionista, di pluriennale e consolidata esperienza all’interno delle istituzioni, con perfetta conoscenza dell’inglese, disponibile a lavorare altrettanto rigorosamente a titolo

gratuito per un anno, senza possibilità di proroga o rinnovo. Un ‘requisito’ puntualizzato per tre volte nel bando (pag. 1, due cit., e pag. 5), affinché non ci fossero ambiguità interpretative. Un aspetto positivo in questa triste vicenda c’è: finalmente si sdogana la vetusta e anacronistica convinzione che la Repubblica Italiana sia fondata sul lavoro. No, ora è ufficiale che è fondata sul lavoro gratuito – non volontario, c’è una bella differenza -, quello che possono permettersi di svolgere quanti per vivere non hanno bisogno di guadagnare. O quei giovani di buona fede e speranza cui si vuole fare credere che il gioco vale la candela, il sacrificio l’investimento, l’umiliazione la credibilità. Con un Dicastero benefattore di esperienza. Il giornalista professionista può oggi avere la soddisfazione di lavorare per il suddetto Dipartimento in base al principio ‘egualitario’ del censo, non del merito. Roba da fare inorridire! Questa la sintesi: se sei giornalista professionista, non ti serve uno stipendio, ma vuoi coltivare un hobby che ti consenta peraltro di stringere relazioni e vantare un ruolo di prestigio, ecco un posto di privilegio per te! Oppure, ripeto, se sei un giovane desideroso di realizzazione, convinto che un po’ di gavetta (non gavettone) in fondo serva, eccoti servita su un piatto d’argento una prima tappa del lungo e tortuoso percorso. In fondo, dura solo un anno! Questo bando ha il merito di avere messo nero su bianco che la nostra professione è stata nel tempo completamente svalutata. Che a parità di qualifica ed esperienza vince il vile denaro, quello che ci si può permettere il ‘lusso’ di snobbare! Altro che deontologia. Il Viminale ha purtroppo ‘protocollato’ un sentire comune, quello che doveri individuali e collettivi non sono più né fondanti né fondamentali. E ancora, rende quella di ufficio stampa – attività cui gli stessi colleghi delle redazioni, purtroppo, spesso sottovalutano, senza comprendere che chi la svolge non è un esecutore, semmai un equilibrista, che deve conoscere i meccanismi della comunicazione interna ed esterna, divulgando informazioni vere, non manipolatorie o manipolate, assumendosi dunque la responsabilità di tanti ‘no’ – una professione in cui tutti o quasi possono cimentarsi. Una professione di serie B, ai livelli intermedi, perché si ritiene che chi ne ha fatto un mestiere sia uno sfigato, quando in molti casi si tratta della scelta lungimirante di chi ha individuato un ambito del giornalismo che sarebbe, come poi è stato, esploso. Bando docet. Una professione di serie A, ai piani alti del Dicastero, dove si introduce il modello professionale con duplice opzione valutativa: 1) radical chic 2) ingannevole. Ora, oltre a sfuriare e ad attendere i risultati della imminente ‘selezione’ (l’esito sarà presumibilmente comunicato entro venerdì 8 aprile), forse sarebbe il caso di chiedersi e rispondersi sul perché questa professione è tanto ambita quanto bistrattata. Se questo è il passo, a breve la nostra sarà solo per ricchi o illusi. Per cui oggi è richiesta preparazione. Al prossimo bando, chissà, forse neppure quella. Forse, tra i requisiti specifici, spiccherà: capacità di stesura di un comunicato che oltre alla proposizione principale contenga almeno una secondaria.
Camilla Ghedini
(21 marzo 2016)