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Servono giornalisti di alto profilo, specializzati, in linea con i tempi. Obiettivi e punti di forza del nuovo Master di Bologna analizzati da Fulvio Cammarano

La tenacia di Unibo e Odg è stata premiata: il Master in giornalismo di Bologna ritorna con una nuova formula. Dopo quasi due anni di interruzione, l’Alma Mater rilancia lo storico biennio di formazione per futuri giornalisti professionisti (riconosciuto dall’Ordine nazionale) sotto la direzione accademica di Fulvio Cammarano, docente di storia contemporanea e attento osservatore dell’universo mediatico.
Il bando del Master è pubblicato nel sito www.mastergiornalismo.unibo.it.

Grazie all’impegno di Alma Mater, Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna e Odg nazionale, dopo circa due anni riparte il Master in Giornalismo di Bologna. Cosa può dire rispetto al percorso compiuto?
«La ripresa del Master dopo l’interruzione era stata affidata dal Rettore Ivano Dionigi a Roberto Balzani, che nell’attuale gestione del Rettore Ubertini è stato chiamato a presiedere il sistema museale di Ateneo. Poiché per Balzani non era possibile un doppio incarico, mi sono trovato a subentrare: il Rettore mi ha chiesto di provare a continuare il progetto già avviato. L’operazione è stata complessa perché l’interruzione era dovuta anche a motivi strutturali di fondo, di conseguenza bisognava eliminare i problemi che c’erano stati ma anche completare il piano didattico».


A proposito del piano didattico, quali aspetti dell’informazione cerca di focalizzare?

«Il piano didattico non riprende solo un discorso interrotto, ma vuole rilanciare il Master a un livello che tutti considerano ormai indispensabile per i giornalisti, quello delle tecnologie, dei nuovi media, del linguaggio del web, legato anche allo storytelling, agli audiovisivi virali, ai social media, ai dati e alla grafica per il giornalismo. Questi elementi fino a pochi anni fa non esistevano e sono stati introdotti per riprendere il progetto del Master a un livello più alto, che gli permetta di adeguarsi alla realtà. C’è una attenzione per i problemi di oggi, in modo che chi lo frequenta risulti preparato rispetto all’attualità. In quest’ottica abbiamo pensato anche a due filoni di specializzazione. Quindi, il Master (che dura due anni) avrà un anno e mezzo di insegnamenti in comune per tutti e sei mesi finali in cui gli allievi dovranno scegliere fra due specializzazioni: Sviluppo sostenibile o Economia e finanza. Due filoni estremamente attuali che avranno una ricaduta positiva anche in termini di occupazione. Essere specializzati in ambiti come questi – al di là delle oggettive difficoltà che oggi incontra il settore del giornalismo – permette una professionalizzazione più in linea con i tempi».


Per Economia e finanza è abbastanza intuitivo capire quale sia il tipo di specializzazione, ma quella in Sviluppo sostenibile in cosa consiste?

«Sviluppo sostenibile significa una serie di discipline, corsi, materie che hanno a che fare non solo con l’economia, ma con la società nel suo complesso. Ad esempio: Economia e sostenibilità, Sostenibilità, istituzioni e impegni internazionali, Sostenibilità ambientale, Sostenibilità sociale. La Sostenibilità ambientale svilupperà temi come la salvaguardia della biodiversità, il climate change: mitigazione e adattamento. La Sostenibilità sociale affronterà la dinamica demografica, la povertà e la fame, le diseguaglianze. In Economia e sostenibilità si parlerà di green economy, di interazioni tra economia, ambiente e comportamenti sociali ma anche di indicatori per lo sviluppo sostenibile».


Insomma, è un Master che si prefigge di formare una nuova figura di giornalista, capace di confrontarsi anche con le criticità del momento.

«Sì, le criticità, perfetto, è la parola giusta»


Il piano didattico che viene proposto da chi è stato messo a punto?

«Dal professor Balzani che aveva avviato il discorso e completato da me che sono subentrato, ovviamente insieme e d’accordo con l’Ordine nazionale e regionale dei giornalisti che hanno pensato alla didattica anche in termini pratici. Perché il Master deve tenere ben presenti alcune materie indispensabili, su cui l’Ordine regionale e nazionale hanno inevitabilmente più competenza, come la storia del giornalismo, tutte le questioni deontologiche e anche le tecniche della professione, magari declinate secondo le nuove tecnologie.

Il corpo docente del nuovo Master come è stato scelto?

«Molti docenti giornalisti provengono da indicazioni dell’Ordine, mentre i docenti Unibo sono stati selezionati sulla base delle loro competenze: sono persone che in ambito universitario già insegnano queste materie. Poi ci sono docenti che erano da anni all’interno del Master: sono rimasti perché avevano avuto una valutazione positiva da parte degli ultimi studenti. Insomma, ci siamo voluti garantire un livello qualitativo alto e soprattutto di competenze perché il vero obiettivo del Master è creare figure autorevoli. La parola chiave del giornalismo è autorevolezza: la credibilità e dunque l’autorevolezza di chi fa quel mestiere. E le persone autorevoli sono quelle che conoscono la deontologia, il diritto, la storia e che poi si muovono dentro le forti dinamiche di questa professione».

L’autorevolezza del giornalista è indubbiamente molto importante. Purtroppo, si assiste a una progressiva dequalificazione di questa figura. Però non credo sia soltanto un problema di scarsa preparazione dei giornalisti ma anche di mercato e forse di insufficiente attenzione da parte degli organismi di categoria. Oggi, moltissimi giornalisti (circa il 65 per cento) sono costretti a lavorare come free lance. È un problema molto forte. La dequalificazione probabilmente non deriva solo da inadeguate competenze, ma anche da una seria crisi del settore dell’informazione. Lei ha affermato che può essere utile per un aspirante giornalista frequentare un biennio come questo, che si propone di preparare figure autorevoli. Ma quanto costa il Master?
«Sei mila euro l’anno. Quindi, ha un costo complessivo di 12 mila euro per il biennio».

Forse non tutti se lo possono permettere. Anche se il Master di Bologna si pone l’obiettivo di riqualificare la professione, non crede che possa creare figure giornalistiche elitarie sganciate dall’attuale mercato dell’informazione e distanti dal reale profilo che la categoria riesce ad avere in questo momento storico?
«Sì, però bisogna dire che ci sono numerose borse di studio per coprire i costi sulla base del merito. L’ordine prevede che il Master possa avviarsi solo se ha almeno il 15 per cento di entrate provenienti da donazioni (non da tasse universitarie) da investire in borse che coprono l’intero importo. E poi va ricordato che questo Master non dà solo il titolo, perché fa saltare all’allievo i due anni di praticantato: è un valore aggiunto che va riconosciuto. Detto questo e detto delle borse di sostegno, è indubbio che è un Master costoso, però a un livello medio dal punto di vista nazionale: più o meno i master in giornalismo costano così. Inoltre il Master di Bologna fa la differenza anche rispetto all’investimento tecnologico: esistono un laboratorio televisivo, uno studio tv, telecamere a disposizione degli studenti, uno studio radiofonico. Qui la strumentazione c’è».

Franca Silvestri

(17 ottobre 2016)