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Giornalismo: crisi della professione e precariato dilagante nel Rapporto Lsdi

La professione giornalistica in Italia conta ormai il 65,5 per cento di lavoro autonomo, che meglio si potrebbe declinare come altamente precario, non garantito, mal contrattualizzato, sfruttato senza alcun rispetto della dignità personale e professionale di tanti, troppi giornalisti. 8 colleghi freelance su 10 (l’82,7 per cento) ricavano dall’attività giornalistica meno di 10mila euro lordi all’anno.
Questi alcuni dati contenuti nella presentazione del rapporto annuale di Lsdi (Libertà di stampa diritto all’informazione) curato da Pino Rea per il 2015.

La crisi prosegue: ci sono più lavoratori “autonomi” sottopagati e meno dipendenti che possono contare su redditi in calo. E l’online non basta a rilanciare il settore. Oltre la metà degli iscritti all’Ordine sono

sconosciuti all’Inpgi. Delle 50.674 posizioni censite dall’istituto di previdenza, circa un terzo fa capo a lavoratori dipendenti, 2 su 3 sono di lavoratori iscritti in via esclusiva alla Gestione separata (tra i quali ci sono partite Iva, co.co.co e prestatori d’opera occasionale).
Resta sostanzialmente stabile la forbice tra la media dei redditi da lavoro autonomo e quella da lavoro dipendente. Con i redditi dei giornalisti subordinati in calo e i redditi dei titolari di partita Iva in lieve crescita (+7%). Mentre aumentano le dichiarazioni a reddito zero degli iscritti all’Inpgi2 e diminuisce il numero dei co.co.co attivi, il cui reddito medio continua a scendere (il 56 per cento dichiara meno di 5000 euro lordi all’anno).
Come ha evidenziato Pino Rea nella relazione introduttiva al Rapporto Lsdi 2015, è “una crisi della professione che va di pari passo con la crisi del settore dell’editoria in Italia. E quello che potrebbe essere un antidoto alla emorragia di posti di lavoro, ovvero il giornalismo nativo digitale, appare ancora un fenomeno di difficile definizione”.
Se il lavoro autonomo cresce quantitativamente (sia numericamente che in percentuale) continua a restare molto rilevante il divario in termini di reddito rispetto al lavoro dipendente, anche se la forbice nel 2015 si è lievemente ristretta. Il reddito medio da lavoro autonomo resta nettamente inferiore al 20% rispetto a quello subordinato. In ogni caso un giornalista freelance guadagna in media 5,4 volte meno di un collega subordinato (il guadagno è 7,2 volte inferiore fra i “liberi professionisti” e 4,3 volte inferiore tra i co.co.co.). Inoltre la retribuzione media del lavoro autonomo registra un lieve calo, passando da 11.451 euro del 2014 a 11.241 euro nel 2015 (meno 1,8 per cento).

Tutti segnali di un ulteriore impoverimento del lavoro “non dipendente” e di una crescita ormai senza confini del precariato nel settore giornalistico.
Il testo completo del Rapporto 2015 nel sito di Lsdi.
Franca Silvestri
(11 febbraio 2017)