Il vigile “scomodo” di Va pensiero approda al Teatro Bonci di Cesena
Dopo un’apprezzata tappa bolognese, la tournée di Va pensiero prosegue dall’1 al 4 marzo al Teatro Bonci di Cesena (Piazza Mario Guidazzi, 9). Fra realtà, idealità e finzione, lo spettacolo racconta la vicenda di un vigile che per amore di verità e giustizia si fa licenziare dal Comune per cui lavora.
Ideato e diretto da Marco Martinelli e Ermanna Montanari, Va pensiero vede in scena l’ensemble del Teatro delle Albe insieme ad altri attori “ospiti” e il Coro lirico Alessandro Bonci di Cesena che esegue alcuni brani di opere verdiane.
Una creazione corale (prodotta da Emilia Romagna Teatro Fondazione e Teatro delle Albe/Ravenna Teatro) che porta alla ribalta “la storia di un vigile licenziato perché scriveva storie che non piacevano al suo sindaco” e mette in luce il “pantano” dell’Italia di oggi in relazione alla “speranza” risorgimentale inscritta nella musica di Giuseppe Verdi.
Il testo si ispira a un fatto di cronaca: “il vigile urbano di una piccola città dell’Emilia-Romagna si fa licenziare pur di mantenere la propria integrità di fronte agli intrecci di mafia, politica e imprenditoria collusa capaci di avvelenare il tessuto sociale della regione che ha visto nascere il socialismo e le cooperative”. Un nuovo affondo drammaturgico di Marco Martinelli sulla patria amata, perché si ritrovi il senso di parole come “democrazia” e “giustizia”.
Come spiega lo stesso Martinelli, “Va pensiero prende spunto da un episodio realmente avvenuto, quello del vigile urbano di Brescello Donato Ungaro: lui è stato la prima fonte di questo lavoro, è stato fondamentale ascoltarlo per sentire il suo punto di vista su tutta la vicenda. I nostri modelli sono poi stati Giuseppe Verdi, il romanzo dell’Ottocento (modello narrativo, non teatrale) e Charles Dickens. Abbiamo pensato a Dickens, perché nel suo grandioso raccontare la Londra nera e cupa, la Londra degli assassini, del malaffare e della prostituzione, riesce sempre a trovare il modo di far entrare la luce”.
La messa in scena sottolinea “quanto possa essere insinuante e strisciante la corruzione della mafia o della ‘ndrangheta nel tessuto sociale della nostra regione. Sono stati trasformati i nomi dei protagonisti: quindi il vigile urbano dello spettacolo non si chiama Donato Ungaro, ma Vincenzo Benedetti, lui non combatte contro un sindaco, come nel caso di Brescello agli inizi del duemila, ma contro una sindaca, e per questo la si può definire un’opera di fantasia, come quelle di Dickens, o di Dostoevskij, che partivano da articoli di giornale per costruire un affresco più grande”.
Franca Silvestri
(1 marzo 2018)