Concluso con successo il DIG Festival di Riccione. Assegnati i DIG Awards
Per tre giorni Piazzale Ceccarini e Palazzo del Turismo di Riccione si sono trasformati in un villaggio giornalistico aperto a tutti. DIG Festival 2018 ha siglato un’edizione più che positiva per l’avanguardia del giornalismo d’inchiesta. Singolari le opere video vincitrici dei premi internazionali DIG Awards.
Dall’1 al 3 giugno il DIG Festival ha visto alternarsi dibattiti pubblici, reportage proiettati su maxi schermo, seminari ed eventi dal vivo, richiamando non solo gli addetti ai lavori ma persone comuni e turisti in vacanza nella Perla verde. Un modo importante per avvicinare al pubblico i documentari e le inchieste giornalistiche, visti spesso come prodotti di nicchia.
Momento clou della tre giorni, sabato 2 giugno, è stato la proclamazione dei vincitori dei DIG Awards 2018, premi internazionali di giornalismo destinati alle migliori inchieste e ai migliori reportage video. Ventisette le opere finaliste (prodotte in Italia, Francia, Ucraina, Svizzera, Turchia, Stati Uniti, Canada e Brasile), scelte tra oltre 300 candidature per sette categorie di concorso.
I premi sono stati assegnati da una giuria internazionale, presieduta da Jeremy Scahill, reporter americano due volte George Polk Award, cofondatore del sito The Intercept nonché gestore dello sconfinato archivio Snowden. La cerimonia di premiazione è stata condotta dalla giornalista di La7 Vicsia Portel.
Ad aggiudicarsi il premio per la sezione Investigative Long, riservata ai lungometraggi d’inchiesta, è stata la coproduzione ucraino-rumena Killing Pavel, firmata da Anna Babinets per l’agenzia Slidstvo.info, che ricostruisce l’assassinio del giornalista bielorusso Pavel Šaramet – spina nel fianco dei regimi di Lukašenko, Putin e Porošenko – ucciso da un’autobomba a Kiev nel 2016.
Nella categoria Investigative Medium (mediometraggi d’inchiesta) l’opera vincitrice è stata Silent Death on Syrian Journey, realizzata da Mouhssine Ennaimi per la tv turca TRT, che racconta attraverso interviste e testimonianze esclusive le storie estreme di alcuni profughi siriani, costretti a vendere i propri organi a trafficanti spietati in cambio di un passaggio verso l’Europa.
Il premio Reportage Long (per i video reportage fino a 90 minuti di durata) è stato assegnato a Kompromat, realizzato per France 2 da Tristan Waleckx e Guillaume Beaufils. L’inchiesta si sofferma sulle vittime e sui responsabili dei dossieraggi e montature mediatiche orchestrate dal governo di Putin. Nel documentario viene anche rivelata per la prima volta la storia di un espatriato francese costretto a fuggire dalla Russia in seguito ad accuse infamanti.
Iraq: Dying for Mosul, prodotto dall’emittente franco-tedesca ARTE e firmato da Bernard Genier, è invece l’opera vincitrice della sezione Reportage Medium. Il documentario racconta le rischiose operazioni di soccorso messe in atto in Iraq da un’ONG cristiana fondata da un ex soldato statunitense, che ha lasciato l’esercito per dedicarsi all’attività umanitaria.
Tra le opere brevi (sezione Short) è stato premiato il servizio Doping, il mistero di Alex Schwazer, firmato da Emanuele Piano per la trasmissione Nemo di Rai2, dedicato a uno dei casi di doping più famosi degli ultimi anni: quello del marciatore altoatesino Alex Schwazer, vincitore della medaglia d’oro alle Olimpiadi di Pechino 2008 e poi squalificato.
Per la categoria Masters (documentari di taglio cinematografico), invece, la vittoria è andata a This is Congo di Daniel McCabe. Un’opera che offre uno sguardo inedito sul conflitto che insanguina la Repubblica Democratica del Congo, attraverso le storie di quattro personaggi: un informatore in incognito, un comandante dell’esercito, una trafficante di pietre preziose e un sarto sfollato.
Menzione speciale per Bloody Money di Sacha Biazzo (Fanpage), un’indagine sul traffico di rifiuti e sul sistema di corruzione politica che c’è dietro tra gare truccate, sversamenti illeciti e tangenti; mentre la DIG Student Mention è andata a The Cost of Cotton, inchiesta realizzata da Sandrine Rigaud per France 2 che documenta le condizioni estreme dei lavoratori della filiera del cotone.
Infine, il DIG Pitch, che attribuisce un premio di produzione di 15mila euro per progetti in fase di sviluppo. Il finanziamento è stato assegnato a Goldfish and Dogfish di Sandro Di Domenico e Gianluca Loffredo. Racconta la storia di un uomo, unico sopravvissuto a una terribile tragedia, che affronta con la famiglia un processo penale contro una multinazionale del male.
Ai vincitori di tutte le categorie sono stati consegnati i premi creati da Umberto Giovannini dell’Opificio della Rosa. Incisioni realizzate in xilografia, che traducono l’immagine guida di Danjel Zezely di questa edizione del premio, stampate su Washi, carta giapponese leggerissima al tatto ma estremamente resistente tanto che, arrotolata in piccole strisce, serviva per confezionare i vestiti dei samurai: si dice che sia l’unico tessuto che non può essere tagliato con le spade katana. Il rapporto tra l’impalpabilità del supporto e la densità del messaggio è lo stesso che gli autori immaginano per il giornalismo. Le stampe diventano la copertina del taccuino di viaggio che ogni giornalista porta con sé.
DIG Awards, DIG Festival e DIG Academy sono iniziative organizzate dall’Associazione DIG | Documentari Inchieste Giornalismi in collaborazione con Comune di Riccione e Regione Emilia Romagna, con il patrocinio di Ordine nazionale dei giornalisti e Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna.
Maggiori info nel sito di DIG.
M.B.
ph Margherita Cenni
(6 giugno 2018)