Processo Aemilia: il commento dell’avvocato Valerio Vartolo che ha assistito Odg dell’Emilia-Romagna e Aser nella costituzione di parte civile. Il Tribunale di Reggio Emilia ha stabilito nuovi risarcimenti ma ciò che conta è il ruolo svolto dai due organismi di categoria al fianco dei giornalisti minacciati, in difesa della libera stampa
Dopo la Corte di Cassazione, che ha confermato l’impianto accusatorio della Procura di Bologna per un filone del processo Aemilia (quello relativo agli imputati che avevano chiesto di essere giudicati con il rito abbreviato), anche il Tribunale di Reggio Emilia, in primo grado, ha confermato l’ipotesi accusatoria della Procura di Bologna: in Emilia-Romagna ha, a lungo, operato la ’ndrangheta, una propaggine della mafia calabrese.
Proprio la sussistenza o meno dell’associazione a delinquere (art. 416 bis del Codice penale) era il discrimine fra il successo o meno dell’impianto accusatorio. Senza entrare nel merito giuridico dei fatti e del processo, sono d’obbligo alcune notazioni. Il processo emiliano ha visto la presenza attiva della stampa, e non soltanto nella fase del racconto del processo. Numerosi giornalisti – Sabrina Pignedoli, persona offesa e parte civile, fra questi – avevano raccontato quello che stava accadendo ben prima che il processo iniziasse e ben prima che le inchieste della magistratura facessero luce su quanto stava avvenendo. E il ruolo della stampa non si è esaurito – e già non sarebbe certo poca cosa – soltanto in una attività di inchiesta di assoluto valore e di enorme importanza ma si è cristallizzato nel processo grazie alla presenza attiva dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia Romagna e dell’Assostampa regionale che hanno voluto essere parte (civile) del processo, e che ho assistito nel corso dello stesso.
La presenza dell’Ordine e dell’Associazione Stampa Emilia-Romagna ha significato molto: anzitutto la piena vicinanza ai giornalisti minacciati (Gabriele Franzini e Sabina Pignedoli). Ma non soltanto. La loro presenza ha segnalato la strenua difesa del ruolo della libera stampa in una Democrazia: le organizzazioni criminali, infatti, con le loro intimidazioni mirano al silenzio della stampa, un silenzio che negli anni la libera stampa ha pagato a caro prezzo, a volte anche con il sangue di coraggiosi giornalisti che hanno immolato la propria vita per raccontare il potere mafioso. Un silenzio che uccide la Democrazia, perché impedisce ai cittadini – e alla pubblica opinione – di conoscere i fatti, e dunque di diventare opinione pubblica informata e quindi consapevole. Come il Washington Post ci ricorda – ogni mattina sotto il nome della testata – è nell’oscurità che muore la Democrazia.
Ecco perché nel processo Aemilia l’Ordine dei Giornalisti e l’Assostampa di questa regione hanno, con la loro presenza, e con la ferrea volontà dei loro presidenti (Antonio Farnè prima e poi Giovanni Rossi, nonché della presidente dell’Aser Serena Bersani) evitato che l’oscurità calasse sull’Emilia-Romagna.
Valerio Vartolo
Avvocato penalista
(5 novembre 2018)