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Minori fra cronaca e deontologia

La drammatica vicenda di Santa Croce Camerina ancora una volta ha mostrato la grande difficoltà di trattare in maniera corretta tematiche così delicate e complesse.

L’Ordine dei giornalisti della Sicilia ha diramato un comunicato nel quale invita tutti i colleghi che stanno trattando il caso del piccolo Loris a rispettare in maniera rigorosa le norme deontologiche, in particolare quelle poste a tutela dei minori.

Dalla Carta di Treviso alla Legge Gasparri molti sono stati i passaggi che hanno portato all’attuale quadro normativo in difesa dei minorenni. Di seguito pubblichiamo un contributo del giornalista Rai Giorgio Tonelli.

Dalla Carta di Treviso alla “Gasparri”

Dal 5 ottobre 1990 il nome della Carta di Treviso è legato alla tutela dei minori nei media.

Anche se da anni si avvertiva l’esigenza di integrare la legge istitutiva dell’Ordine dei giornalisti n.69 del 3 febbraio 1963, vi furono due casi che si imposero con forza agli occhi dell’opinione pubblica e chiamarono la categoria giornalistica a una seria riflessione: il caso Serena Cruz e il caso Schillaci.

Il primo scoppia nel gennaio 1989 quando Francesco Giubergia “importa” una bambina di otto anni filippina dichiarando che è il frutto di una relazione adulterina. Un mese dopo, la bimba viene sottratta alla coppia per decisione del Tribunale dei minori perché “non esiste alcun atto ufficiale che comprovi l’avvenuto riconoscimento del Giubergia che, d’altra parte, non si è voluto sottoporre all’esame del sangue”. La sentenza è confermata dalla Corte d’Appello di Torino e la piccola viene affidata a un’altra famiglia che ha già due figli naturali. I giornali non solo eccedono in dettagli , ma rincorrono e mostrano la nuova famiglia della bambina comprese le nuove sorelline, indicando anche il nuovo nome di Serena.

Ancora più drammatica la vicenda Schillaci. Nell’aprile ‘89 un tranquillo professore di matematica di Limbiate nel milanese, Lanfranco Schillaci, diventa per tutti il “mostro”. Sua figlia Miriam di due anni, era stata portata al Pronto Soccorso per lesioni intime. L’ipotesi frettolosa è “violenza sessuale” e la voce di corridoio ospedaliero bolla il padre come “turpe pedofilo”. Il caso resta per diversi giorni in prima pagina finché viene appurato che si trattava di un tumore. Il genitore viene scagionato, la bimba muore. Da quel giorno tuttavia in molti si interrogano su come possano uscire dagli ospedali certe notizie e perché finiscano stampate senza verifiche mediche e soprattutto senza alcuna remora deontologica.

La Carta di Treviso rappresenta dunque un punto fermo per i giornalisti. Con essa si impegnano a rispettare il minore, sia come soggetto agente, sia come vittima di un reato con il mantenimento dell’anonimato in tutti i casi, escluse le vicende di bimbi smarriti o rapiti.

Nel 1995 la Carta viene integrata con un Vademecum che, fra l’altro, garantisce l’assoluto anonimato del minore coinvolto come autore, vittima o teste di fatti di cronaca. Vieta anche tutti quegli elementi che possano portare all’identificazione, come generalità dei genitori, indirizzo dell’abitazione, comune di residenza o indicazione della scuola frequentata.

Di fronte all’uso mediatico dei minori, specie nei casi di genitori separati e divorziati, il Vademecum raccomanda la tutela dell’anonimato anche per non incidere sull’armonico sviluppo della loro personalità.

Nel caso di comportamenti lesivi e autolesivi (come suicidi, lanci di sassi, fughe da casa) realizzati da minorenni, occorre inoltre non enfatizzare quei particolari di cronaca che possano provocare effetti di suggestione o emulazione.

Il Vademecum inoltre pone attenzione anche alle immagini di bambini malati, feriti o disabili per evitare che, in nome di un sentimento pietoso, si arrivi al sensazionalismo.

La Carta di Treviso è stata poi estesa nel 2006 anche al giornalismo online e multimediale.

La legge sulla privacy (675/1996) – che comprende fra l’altro lo stato di salute e la vita sessuale, l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose o l’adesione a partiti, sindacati,associazioni o organizzazioni – per i giornalisti viene assorbita dal Codice Deontologico (GU 3 agosto 1998). Il giornalista deve dunque rispettare la tutela del domicilio altrui, che si estende anche ai luoghi di cura, di detenzione e di riabilitazione (nei quali non si può fare “invasione”, tanto meno con il teleobiettivo). Non può riprendere detenuti senza il loro consenso o le persone ammanettate. Per quanto riguarda i minori, il Codice Deontologico ribadisce il divieto di pubblicare i nomi e gli elementi di identificazione. Più in generale riafferma che il giornalista rispetta i principi sanciti dalla Convenzione Onu del 1989 sui diritti del bambino e ribadisce che il diritto alla riservatezza del minore è primario rispetto a quello di cronaca.

Con lo stesso spirito le emittenti radiotelevisive il 29 novembre 2002 hanno sottoscritto un Codice di autoregolamentazione Tv e minori nel quale si impegnano fra l’altro a migliorare la qualità delle trasmissioni destinate ai minori, ad aiutare le famiglie per un uso corretto delle trasmissioni tv, e a collaborare col sistema scolastico per favorire un’alfabetizzazione televisiva.

Il codice prende inoltre in esame la partecipazione dei minori alle trasmissioni televisive e la loro protezione rispetto alla comunicazione pubblicitaria.

Il Codice è stato poi recepito dalla Legge Gasparri (2004) che regolamenta l’emittenza radiotelevisiva. Nel 2010 il Comitato incaricato di vigilare sull’applicazione del Codice ha rilevato una impennata di violazioni del 60% in più rispetto al 2009 e ben del 150% in più rispetto al 2008. Nel dettaglio: la Rai è passata da 14 a 19 violazioni accertate, Mediaset le ha triplicate da 7 a 23, mentre Sky, che non ne aveva nessuna, ne ha collezionate 17. In cima alla lista nera stilata dal Comitato ci sono film e telefilm, seguiti da programmi di intrattenimento farciti di cronaca nera e gossip, che riempiono anche i tg nella cosiddetta “fascia protetta” tra le ore 16 e le 19. Il Comitato, infine, nell’esprimere la giusta preoccupazione, chiede di varare un nuovo Codice Media e Minori che comprenda anche i New Media.

Tutti i rapporti (Censis, Eurispes-Telefono Azzurro) descrivono infatti una generazione tecnologizzata, dotata di grande familiarità con gli strumenti informatici e multimediali. Internet e i social network hanno rivoluzionato la vita di tutti ma specialmente dei minori. Facebook è in testa a tutte le classifiche, con oltre 150 milioni di utenti nel mondo di cui 6,5 milioni in Italia; seguito da My Space, Hi5, Flickr, Skyrock, Friendster, Tagged, Live Journal, Orkut, Fotolog, Bebo.com, Linkedln, Badoo.com, Alexa.com e così via. Oltre il 75% degli adolescenti usa le chat (da una a quattro ore al giorno) spesso senza alcuna consapevolezza dei rischi e delle insidie a cui si è esposti. Del resto, la competizione a chi ha più amici su Facebook o viene cercato di più in Rete, appare sempre più fondamentale per le nuove generazioni. Essere su Internet è sinonimo di esistere. Ma essere nella Rete comporta anche dei rischi che i neofiti non considerano a sufficienza. Non è solo questione di orchi e pedofili. I dati personali di un utente sono infatti difficilmente cancellabili. E un numero enorme di persone può così conoscere le considerazioni più personali e intime dei giovani e chiunque – aziende private, pubbliche amministrazioni, professionisti, sconosciuti – può raccogliere un’enorme quantità di informazioni che li riguardano.
(10 dicembre 2014)