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Errori e stranezze del linguaggio giornalistico nel nuovo, originale libro di Fabrizio Binacchi

Si intitola LUOGHI COMUNI – Il potere della parola. Errori, bellezze, stranezze del linguaggio giornalistico italiano l’insolito e accattivante libro di Fabrizio Binacchi, pubblicato da Minerva Edizioni.

Chi ha fatto dei titoli la propria professione, sa che dalla parola giusta passa tutto: la lettura dell’articolo, la vendita del giornale, la richiesta pubblicitaria.
Fabrizio Binacchi, giornalista di carta stampata e televisione, ha raccolto “espressioni da luogo comune e parole stereotipate, tic verbali e frasi fatte commentandole con ironia, mettendosi dalla parte del lettore e del telespettatore”.
«Giocare, divertendosi, con i luoghi comuni per scoprire il potere della parola. È questo il motivo di fondo – dice Binacchi – che mi ha spinto a scrivere questo libro. Non voglio insegnare, e tanto meno censurare, semmai sorridere e scambiarci quelle riflessioni sulla nostra lingua, sul nostro modo di comunicare, sui nostri tic espositivi che ci fanno soggetti unici ma spesso, o talora, anche criptici o ambigui perché ci “appoggiamo” a modi di dire e a frasi fatte che non sempre sono messe al posto giusto e nella frequenza sostenibile».

“Tragedia maturata” e “brancolano nel buio”, “pecora nera” e “la vicenda si tinge di giallo”, ma anche “nella misura in cui” e “la riunione si svolge presso”, poi ancora “misura shock”, “stringere la cinghia”, “si sono portati sul posto, pistola alla mano” e poi cascate di parole inglesi come vision, mission, know-how, fashion, look, e l’ultimo dilagante lockdown. “Sono alcuni tra i tanti luoghi comuni o frasi fatte che leggiamo sui giornali o ascoltiamo alla radio o in tv. Qualche volta aiutano a capire meglio le notizie, altre volte invece appesantiscono e sviano, rallentano il racconto, portano distrazione, travisano il significato”.
L’autore ricorda anche episodi personalissimi, come la discussione al Tg1 con Paolo Frajese sulla parola “esubero” (che il conduttore non voleva pronunciare) e la chiacchierata con Federico Scianò sulla differenza tra “parole croccanti” e “parole flaccide”.

«Binacchi, avvalendosi dell’ironia e rinunciando alla “cattedra”, ricorda al giornalista che non può “sbagliare”, perché un suo errore genera un danno. E che non può parlare o scrivere come un saggista, ma neppure in maniera elementare – introduce così il libro Camilla Ghedini, giornalista – come ci siamo finiti in questo limbo che ci vede da un lato destinatari di legittime accuse di parzialità e dall’altro di ingiustificate imputazioni di inutilità? A causa dell’abuso o del non corretto uso delle parole, talvolta per fretta, desiderio di sintesi».
«Ci siamo tutti dentro – commenta l’autore –. Tra aspirazione e catarsi, tra delusione e coraggio. Se poi ci arriva la notizia che e stata trapelata, beh allora possiamo dire che siamo proprio fortunati. Perché brancolare nel buio? Il buio spesso non e fuori ma dentro di noi. Dobbiamo abituarci a chiedere sempre: Perché? Oppure: In che senso?».

Fabrizio Binacchi, giornalista e direttore della sede Rai per l’Emilia-Romagna, è stato direttore del Centro di produzione Rai di Milano e, per 15 anni, docente a contratto di Teoria e Tecnica del Linguaggio Televisivo al master di Giornalismo dell’Università di Bologna. Ha cominciato la professione alla Gazzetta di Mantova, dove ha lavorato fino all’ingresso in Rai, al Tg1, come redattore economico sindacale. È diventato poi conduttore al Tg1 Mattina, caposervizio alla redazione politica, e caporedattore della fascia Tg1 delle 13.30. Ha condotto il Tg1 13.30 e due edizioni di Linea Verde su RaiUno. Nella testata giornalistica regionale è stato caporedattore di coordinamento, caporedattore regionale a Bologna, caporedattore centrale responsabile del Lazio e ha curato, inoltre, il settimanale Ambiente Italia in onda da Torino su RaiTre.

(14 novembre 2021)