Al fianco dei colleghi aggrediti e minacciati. Riflessioni del Presidente Silvestro Ramunno
Il numero di giornalisti aggrediti è spaventosamente in crescita: +87% nel 2020, +21% nei primi nove mesi del 2021 (Fonte: Osservatorio del ministero dell’Interno sugli atti intimidatori nei confronti dei giornalisti). “Non ti dico la quantità di insulti e offese che prendiamo ad ogni manifestazione”, mi diceva un collega fotografo che da un po’ di mesi segue le manifestazioni dei no vax/no green pass. Lo stesso per i cameraman e per tanti altri che hanno occhi per raccontare. Quello che sta succedendo a Valerio Lo Muzio, un collega freelance di Bologna, è paradossale. È stato aggredito, minacciato e portato in Tribunale per aver fatto il suo mestiere: andare, vedere, raccontare quello che è di interesse pubblico. Poi mentre fai il tuo lavoro capita che devi scappare da chi ti vuole mettere le mani addosso, che ti becchi una denuncia, che devi cercarti un avvocato, che non hai chi ti copre le spalle per le spese legali, che la tua foto finisca in una chat con migliaia di invasati e che potresti essere solo ad affrontare tutto questo (non è questo il caso). Intimidazione? Rifaresti la stessa cosa la prossima volta? Stesso spirito di prima? Intimidire un giornalista che fa il suo lavoro è come insultare un autista di un bus che si ferma al semaforo rosso. Indigna l’offesa all’autista del bus? E al giornalista?
La vicenda di Lo Muzio e di altri nella sua stessa condizione è l’occasione per fare alcune riflessioni più generali. La prima è che bisogna avere consapevolezza che la polarizzazione è nemica del buon giornalismo. La polarizzazione crea tifosi e distrugge il dibattito pubblico, il giornalismo è ragionamento e vive in un rapporto biunivoco con l’opinione pubblica. Passate la semplificazione: la polarizzazione è il dibattito tra vax e no vax come se ci fosse una sorta di par condicio, il giornalismo è il racconto della scienza, con tutti i limiti che hanno scienza e giornalismo. Quello sulla polarizzazione è un tema profondo, che ha a che fare con gli algoritmi, con i social e con le bolle nelle quali siamo sempre più chiusi, con il tema della moderazione dei contenuti sui social e del framing, il modo in cui questi vengono presentati.
Seconda riflessione: stupisce la pressoché totale mancanza di censura sociale verso episodi di aggressioni a cronisti. Avviene anche perché è sempre meno riconosciuto il valore pubblico dell’informazione. Questo lavoro non lo facciamo per noi (intendiamoci: non è un hobby) ma per chi legge, guarda o ascolta. I giornalisti hanno molto da farsi perdonare ma pensate cosa sarebbe stata la pandemia o il lockdown senza l’informazione professionale, sarebbe sparito il diritto dei cittadini a essere informati. Ci saranno stati errori, semplificazioni o approssimazioni ma l’informazione è stata la luce accesa. Senza informazione c’è buio e paura, anche se ci si illude del contrario. Ricordiamolo e ricordiamocelo. Faremo un passo avanti quando l’aggressione a un cronista non sarà vissuta solo come un fatto “privato” ma come un fatto collettivo che riguarda la qualità del dibattito pubblico e della democrazia.
Come Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna abbiamo rilanciato l’osservatorio sulla professione. Non basta! Il prossimo passo è far ripartire le iniziative per l’equo compenso e contro le querele temerarie, anche su basi nuove che tengano conto delle nuove esigenze della professione e del suo ruolo pubblico, e penso alla tutela legale. Temi che devono essere fatti propri dalla categoria ma anche dalla politica e da tutti quelli che hanno a cuore la difesa della qualità del confronto nello spazio pubblico.
Silvestro Ramunno
Presidente Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna
(8 febbraio 2022)