Giornalismo e campo storico: racconto della verità basato su documenti e testimonianze
Un giornalismo affidabile offre un’informazione al di là della disinformazione, con la verifica delle fonti e il confronto delle notizie, soprattutto oggi fra versioni ufficiali dei fatti, loro spettacolarizzazione e internet, che porta le notizie nei nostri cellulari, spesso ancora prima delle testate giornalistiche. Nemmeno questa immediatezza e pluralità è garanzia di “verità ed obiettività” dell’informazione, non solo per il rischio delle fake news; anche nel caso di notizie verificate i media non sono affatto neutrali, perché per logica e struttura ci offrono pezzi di realtà che possono suscitare errate conoscenze oltre il contenuto informativo, con buona pace per la consapevolezza dell’opinione pubblica. Una realtà che richiede al giornalista di distinguersi, per onestà, ricercando le tante chiavi di lettura di un fatto, e per un dovere in più che ha: quello di formarsi, di prepararsi e conoscere anche la storia, perché le notizie non esistono isolatamente. La conoscenza della storia così entra nel bagaglio degli strumenti del giornalista. D’altronde giornalismo e storia hanno vari aspetti in comune: entrambi raccontano avvenimenti veri avvalendosi delle fonti, hanno lo stesso interesse, il racconto della verità in base ai documenti e le testimonianze a loro disposizione. Tutte e due riportano fatti appartenenti al campo storico, un campo indeterminato degli avvenimenti, e da esso ritagliano ciò che decidono di raccontare. Nonostante quest’aspetto di soggettività della narrazione storica e delle notizie, ciò non vuol dire che esse manchino di obiettività, dal momento che i fatti sono collegati, al loro interno, da un tessuto storico con nessi oggettivi, cause materiali, casualità e coincidenze, fini e scelte umane, rimandando ad un numero indefinito di intrecci; conoscerli può aiutare il giornalista ad elaborare nuove interpretazioni, fino ad allora trascurate, su un fatto, ed elaborarle legittimamente, forte anche di queste premesse. Pensiamo ad una notizia di attualità, il conflitto in Ucraina, e a quanto sia importante una buona preparazione storica per chi deve raccontarla. Infatti l’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna, insieme alla Cattedra di Diritto della Comunicazione di Bologna, nell’ambito della formazione ha iniziato a dare spazio alla storia, con il seminario La deontologia tra giornalismo di guerra, disinformazione e “campo” storico; documenti dal 1988 per pensare il mondo nuovo, che, alla luce delle riflessioni sulla formazione quale parte della deontologia e di metodologia di storia e giornalismo, si focalizza sui discorsi di tre protagonisti del 1988, Mikhail Gorbaciov (Segretario del Pcus dell’Urss), Giovanni Paolo II e Willy Brandt (Presidente dell’internazionale socialista ed ex cancelliere tedesco), fautori della fine della Guerra Fredda. La rilettura di questi scritti si inserisce a pieno titolo nell’attuale dibattito sul conflitto in Ucraina e suscita delle domande come quelle sul poco spazio dedicato dai mass media di tutto il mondo a figure così centrali piuttosto che sull’evoluzione, negli ultimi trent’anni, delle correnti della Perestroika in Russia. È sufficiente rispondere “perché sono state idee perdenti” o chissà quale altro motivo? In realtà sono avvenimenti del campo storico che ci rimandano a intrecci interessanti. Se collochiamo quei documenti come punto d’arrivo del periodo che inizia nel 1945 e finisce nel 1988 scopriremo che le tante trasmissioni, documentari, scritti che dallo scorso 24 febbraio ci raccontano la fine della Seconda Guerra Mondiale quale la lezione di pace che non abbiamo imparato, scopriremmo che questa è solo un’interpretazione derivante da quegli intrecci che sono stati estrapolati dal campo storico più ampio. Possiamo dire che quei documenti ci raccontano un’altra storia, è cioè che il 1945 è stato il momento dei buoni propositi realizzatisi solo nel 1988, dopo 44 anni di una guerra permanente globalizzata e una sicurezza mondiale mantenuta sedendosi su un cumulo di polveri esplosive, le armi nucleari. Questo solo uno degli argomenti del seminario, insieme a quello della centralità del diritto, del giornalismo di guerra, dei mass media che devono “assicurare un’informazione completa”, responsabilità che passa anche dalla preparazione storica che offre un approccio alla comunicazione secondo cui la notizia appartiene ad un campo generale la cui conoscenza sollecita all’approfondimento delle fonti, a nuove interpretazioni fornite dai tanti intrecci non visti o non raccontati, chissà per quale ragione, e tuttavia è doveroso tenere conto della possibilità che ciò che tacciamo può fornire ad un collega più intelligente, più preparato, più deontologicamente corretto, la chiave di lettura della scena.
Giusy Ferro
Si è svolto il 12 dicembre 2022 a Bologna, presso la Sala Armi della Facoltà di Giurisprudenza, il seminario FPC La deontologia tra giornalismo di guerra, disinformazione e “campo” storico; documenti dal 1988 per pensare il mondo nuovo, organizzato da Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna e Cattedra di Diritto della Comunicazione Unibo.
(12 dicembre 2022)