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Settant’anni di democrazia e libertà di informazione. I valori della Resistenza vanno collegati al presente

Angelo Varni è uno studioso di grande spessore culturale, uno storico appassionato che ben conosce le vicende italiane del ‘900. È stato ordinario di Storia contemporanea alla Facoltà di Lettere dell’Università di Bologna e direttore della Scuola Superiore di Giornalismo. Attualmente è presidente dell’Istituto per i Beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.

A settant’anni dalla Liberazione, qual è il valore che la gente attribuisce alle celebrazioni per il 25 aprile?
«È una risposta difficile perché all’interno della popolazione, della società, credo ci siano difficoltà a capire il senso profondo di questi avvenimenti, soprattutto da parte dei giovani. Il richiamo continuo, costante e giusto alla memoria di una libertà riconquistata è un messaggio che passa abbastanza facilmente. Poi quanto di tutto questo si traduca in volontà di capire a fondo quello che è successo, ma soprattutto di trarne un’eredità positiva, francamente non lo so. Dal 1945 a oggi, ogni anno ci sono state celebrazioni, ogni dieci anni si sono fatte celebrazioni più cospicue, però è sempre prevalsa una buona dose di retorica e, a volte, una polemica politica contingente. Non è bene, né una cosa né l’altra. Quindi, è indubbiamente positivo continuare a richiamare i valori della Resistenza, però bisogna fare in modo che questi valori siano il più possibile collegati al presente e che non diventino oggetto di un dibattito politico contingente. Questo è il problema».


Dal punto di vista dello storico, cosa resta oggi del riscatto della libertà di stampa che c’è stato nell’immediato dopoguerra?

«La libertà di stampa è una questione che ha affollato le cronache politiche, i dibattiti giuridici e quant’altro. Dalla Rivoluzione francese in poi, il valore della libertà di stampa è sempre stato proclamato. La stampa è sempre stata riconosciuta libera. Ma in tutte le costituzioni si è affermato (e giustamente) “nei limiti stabiliti dalla legge”. Questa frase ci deve essere, perché è un richiamo alla libertà come valore assoluto da riconfermare, ma contemporaneamente è un “argine” alla stessa libertà. È un richiamo a quel senso di responsabilità che deve avere ogni giornalista. C’è sempre questo gioco di equilibri, difficili da raggiungere. È un equilibrio continuo, che dipende dalle forze in campo e cambia momento per momento».


Dopo la parentesi del regime fascista, per i giornalisti italiani la libertà di stampa è stata anche libertà di cronaca, ha significato poter ricominciare a raccontare i fatti. Oggi probabilmente siamo in una condizione diversa.

«Dipende dai momenti, dalle situazioni. La libertà di stampa, di fatto, non fu annullata neanche da Napoleone, che però ridusse i giornali a uno. Perché un conto sono i principi, altro conto è l’attuazione dei principi. Durante il fascismo i giornali quotidiani tradizionali (un’ottantina) continuarono comunque a uscire tutti, non furono abrogati come in altre dittature. Le modalità di controllo c’erano, eccome, ma erano diverse. Cioè, il principio che venne proclamato, già allora cominciò a essere discusso nei suoi aspetti attuativi. Poi si è modificato a seconda dei costumi, delle forze in campo, delle energie economiche che sono sotto al problema della stampa. Quindi, è un discorso in continua evoluzione, dipende dal momento sociale che si vive».

Questa conversazione con Angelo Varni si è svolta a margine del seminario di formazione 25 Aprile 1945: il ritorno della libertà di stampa, organizzato dal nostro Ordine regionale – con il patrocinio del Comune di Bologna – per ricordare il settantesimo anniversario della liberazione e la riconquista della libertà di informazione.
L’incontro, ospitato nella splendida Cappella Farnese di Palazzo D’Accursio (il 23 aprile), si è aperto con il saluto del sindaco di Bologna Virginio Merola, che ha voluto evidenziare “l’estrema attualità dell’argomento libertà di stampa e di opinione”.
Il presidente dell’Odg Emilia-Romagna Antonio Farnè ha introdotto i lavori del convegno sottolineando, fra l’altro, che “la libertà di stampa è una declinazione importante della libertà, sancita dall’articolo 21 della Costituzione”.
Angelo Varni ha proposto un’interessante analisi storica del difficile cammino dell’Italia verso la Repubblica soffermandosi sugli eventi che hanno cambiato la fisionomia politico-sociale del nostro paese.
Beppe Giulietti, portavoce dell’associazione giornalistica Articolo 21, ha analizzato La libertà di stampa oggi segnalando la centralità della libertà di informazione (che è parente della libertà di voto) e gli “strumenti” per leggere e integrare l’articolo 21 della Costituzione.
Il presidente dell’Anpi Renato Romagnoli ha portato una toccante testimonianza della lotta partigiana ricordando alcuni episodi della Resistenza cittadina.
Infine, il collega Claudio Santini è entrato nei complessi intrecci di Giornalismo e fascismo precisando che la libertà di stampa non è un bene conquistato per sempre, ma una lotta continua.

Franca Silvestri

(24 aprile 2015)