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Addio Romano Prati! Se ne va una parte importante di storia del giornalismo

Giornalista professionista iscritto all’Ordine dal 1965, Romano Prati ha ricevuto la medaglia d’oro per i 40 anni di permanenza nell’Albo nel 2005.

Quanto tempo abbiamo passato insieme Romano e come è cambiato il mondo nel frattempo… Una vita insieme. Tutto iniziò come collaboratori a cachet della Rai. Quando la Rai e l’Ansa erano dei Ministeri aggiunti perché esistevano solo i grandi giornali e loro. Se un evento era nei lanci dell’Ansa era una sentenza e se veniva ripreso “dalla televisione” era di rilievo assoluto. Quasi nessuno chiamava la Rai con il suo vero nome e noi non eravamo considerati giornalisti ma, molto più genericamente e in maniera quasi esoterica, eravamo “quelli della televisione”.

Spesso, quando andavamo tra la gente per un fatto di cronaca o per un evento politico, le persone si scostavano e ci facevano passare quasi con deferenza, alla pari delle più importanti autorità. Di più: non c’era evento se non c’era “la televisione”. Le prime interviste “all’aperto”, gli stand up o i primi collegamenti in esterna richiamavano inevitabilmente una folla di curiosi un po’
intimoriti e divertiti degna dell’apparizione di una rockstar. Tu in quelle situazioni eri nel tuo ambiente naturale e gestivi ospiti, politici, star del calcio o del cinema come un direttore d’orchestra e anche nelle situazioni più difficili riuscivi sempre a farli parlare in maniera naturale.
Quante cose sono passate davanti ai nostri occhi e ai nostri obiettivi: le proteste per la Guerra in Viet Nam, la contestazione studentesca, i gol di Savoldi e le sfuriate di Pesaola, i collegamenti domenicali per 90° minuto, i fatti di cronaca nera, le sciagure naturali, la bomba alla stazione, i disordini di piazza, i “giorni dell’autonomia”, la morte di Lorusso, Ustica, la Uno bianca, i cortei nei quali se provavi a riprendere ti facevano chiaramente il gesto della pistola, le raccomandazioni e gli avvertimenti per la nostra incolumità che ci forniva il Dottor Lomastro, i derby cestistici tra Virtus e Fortitudo, il piglio da sergente di ferro di Enzo Ferrari, le omelie del Cardinal Poma, l’arrivo de La Repubblica a Bologna, la nascita del TG3 prima e del TGR poi. E poi le discussioni con la Direzione da rappresentanti del CdR o le riunioni romane che finivano a notte fonda sugli innumerevoli piani di organizzazione e riorganizzazione aziendale.
Quanti luoghi, quanti volti, quante storie.
Nel nostro piccolo anche la nostra storia, quando tu, io e Luciano Masi prendemmo la decisione di fare causa alla Rai per veder riconosciuti i nostri diritti. Quando la Rai pretendeva di trattarci come merce e non voleva riconoscere il nostro lavoro come giornalistico. Sembrava un suicidio. Poi però il Tribunale (tutti i Tribunali e, a dire il vero, anche lo stesso Avvocato della Rai) riconobbero le nostre ragioni. La nostra fu la causa pilota che fece giurisprudenza e che permise a
decine e decine di colleghi di rivalersi presso i rispettivi datori di lavoro. Quasi mezzo secolo da colleghi e da amici. Tu e tua moglie Silvia siete stati testimoni alle mie nozze insieme a Milena.
Quanti ricordi. Quelli di una vita intera.
Il tuo carattere, poi. Esuberante è dir poco. Un vulcano in eruzione. Sempre e comunque. Le tue battute risollevavano il morale anche nei momenti più difficili, ma non erano fonte di distrazione, bensì di maggiore impegno e concentrazione. Ti muoveva l’estrema intelligenza e la più totale curiosità. Eri innamorato e inebriato dalla vita, ma tra le mille battute si nascondeva una persona
gentilissima, sempre disponibile ed estremamente sensibile. Amante dell’arte e collezionista. Artista e designer tu stesso. Le tue farfalle e i tuoi aquiloni sono tra le cose più belle e preziose che custodirò con grande affetto. Innamorato del linguaggio cinematografico a tutto tondo, cultore della storia e dei luoghi della nostra Reggio Emilia. La tua generosità, poi, nonostante la tenessi gelosamente nascosta, era nota e apprezzata da tutti.
La pellicola, la sacca nera per il cambio delle bobine, il precipitarsi in Via Galliera dallo sviluppatore Pozzi per poi entrare in sede in Via Alessandrini e procedere alla trasmissione, oppure le matte corse in autostrada per raggiungere il centro di produzione e di messa in onda di Milano. Il bianco e nero. Il colore. Poi le prime cassette Beta, miniBeta, l’avvento del digitale. Noi ci siamo fermati lì, ma il mondo è andato avanti. Forse non sempre in maniera positiva, ma tant’è.
Negli ultimi tempi ho rivissuto giornalmente il film della nostra amicizia, del nostro lavoro e della nostra vita, ed è stato un bel film. Difficile, spesso duro ma bello. Solo pochi giorni fa parlavamo dei colleghi, degli amici che ci avevano salutato: Paola Rubbi, Giuliano Lenzi, Gianni Bettini, Luciano Masi, Giorgio Boschini, Piero Pasini, Giulio Melli. Altri tempi, altra scuola, altra classe.
Un ultimo abbraccio Romano, un ultimo sorriso e un ultimo sguardo ai tuoi occhi azzurri come il cielo. Porta anche il nostro bacio a Silvia.
Ciao Romano, sarai sempre nei nostri cuori.
Paolo Boccaletti

Famigliari, amici, colleghi, rappresentanti di istituzioni e organismi di categoria, persone che lo hanno conosciuto attraverso la tv si sono stretti a lui per un ultimo saluto alla cerimonia funebre di lunedì 30 ottobre nella Cappella della Camera Mortuaria all’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia.

(30 ottobre 2017)