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Ci ha lasciati Andrea Samaritani. Fotogiornalista singolare, intellettuale poliedrico, artista raffinato e sensibile

Andrea Samaritani se n’è andato domenica 30 agosto. I social si sono presto riempiti di messaggi, memorie e aneddoti; i giornali con i quali collaborava hanno scritto in suo ricordo. Come colpito da una palla di cannone, io mi guardo intorno e mi sento come il visconte dimezzato; non so se quella rimasta è la metà cattiva, certo nulla sarà più come prima.

Andrea mi contattò trent’anni fa. Ci eravamo conosciuti durante il servizio civile, eravamo obiettori di coscienza all’inizio degli anni ’80. Ci rincontrammo durante una manifestazione per l’anniversario della strage fascista del 2 agosto alla stazione, entrambi con la macchina fotografica al collo. Mi comunicò che stava coltivando l’idea di aprire un’agenzia fotogiornalistica. Presi tempo ma poi fui l’unico della decina di giovani coinvolti, molti dei quali oggi stimati giornalisti o colleghi fotografi, a partecipare all’avventura di Meridiana Immagini. Per trent’anni ci siamo seguiti e inseguiti, da soli o con l’aiuto di collaboratori; su tutti Giuseppe Pazzaglia, colonna portante del SiFest, che si prese cura per dieci anni di noi e dell’archivio fotografico, che intanto cresceva e andava online. Gli anni novanta e i primi del nuovo millennio furono colmi di soddisfazioni. Si partiva con la valigia piena di diapositive verso Milano e Roma sfidando redazioni e photoeditors spesso supponenti e reticenti, altre volte accoglienti e interessati; entravamo e uscivamo da box e uffici come furetti, scornati, entusiasti, delusi o felici. La strada era quella giusta e tutto andava a gonfie vele.

Andrea era il motore, una fucina di idee, riempiva pagine e pagine di progetti. Io ero più pragmatico, scuola contadina la mia. Ci compensavamo perfettamente, alternando momenti di euforia a momenti di difficoltà. Poi il vento dell’editoria mutò e cominciò a calare, alternando raffiche a bonacce. Lui non poteva perdersi d’animo e così lanciò di nuovo il sasso oltre l’ostacolo diventando videomaker e poi regista. E di nuovo progetti sempre più rivolti al suo territorio. Dopo aver girato l’Italia infatti, avevamo compreso che la nostra terra sarebbe stata punto di partenza e di arrivo del nostro lavoro. E quindi progetti sugli itinerari d’autore, sulla promozione del territorio regionale, sulla conservazione della memoria e tanto altro.

Il pennello è stata la sua ultima passione, che ha coltivato col solito entusiasmo trovando il modo di andare oltre la fotografia rimanendo fotografo.

Andrea riusciva a vedere oltre, a comprendere il senso, il significante. Come autore, ho sempre trovato in lui il primo dei miei fan, fino a voler inserire una mia vecchissima foto, che adorava, nel suo ultimo libro L’occhio felice del fotoreporter edito da Minerva. Roberto Mugavero, editore per passione, da molti anni aveva con Andrea un flirt artistico unico: vederli lavorare insieme era come assistere alla danza delle fatine che svolazzano qua e là spargendo polvere di stelle su tutto e tutti.

Chi ancora non conosce il lavoro di Samaritani troverà nei suoi oltre 80 libri, nei suoi video e nella fotodipinte l’occasione per scoprire l’artista che era… “l’egregio artista”, come iniziavo sempre ogni comunicazione con lui per prenderlo in giro. Aggiungo che è in lavorazione una biografia, curata dal fratello Mario, che sarà pubblicata nelle prossime settimane.

Andrea, te ne sei andato portandoti via un bel pezzo della mia vita. Rimane la memoria della tua sventata leggerezza. Buon viaggio vecchio mio.

Paolo Righi

ph Paolo Righi

(3 settembre 2020)