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DELLA INCOMPATIBILITÀ TRA FASCISMO, SCIENZA E TECNICA. Romanzo-documento del collega Franco Stefani scritto insieme a Sandro Tirini

Il libro di cui trattiamo ha un titolo ed un sottotitolo che dicono già tutto: e il Duce preferì i ciarlatani – Il difficile e infelice rapporto tra fascismo, scienza e tecnica. Dove si racconta (e documenta) come i fascisti ed il loro Capo, Benito Mussolini, non ne azzeccarono una cacciando (perché ebrei e/o non fascisti) oppure non dando ascolto (benché fascisti quando non addirittura fascistissimi, come si diceva allora) scienziati e tecnici di primordine dando corda (e soldi) a ciarlatani, imbroglioni ed avventurieri che presentavano strampalati (e non supportati da relazioni tecniche adeguate) progetti di armi mirabolanti che avrebbero fatto vincere la guerra alle armi italiane (e, quindi, anche tedesche e giapponesi).
Il primo commento che viene a leggere il libro è “meno male che sia andata in questo modo”. Ed è il commento prevalente che si è sentito alla presentazione del volume avvenuta a Ferrara. Il libro si compone di 145 pagine, è edito dalla Book Time di Milano e costa 15.00 euro. È scritto a due mani dal collega professionista ferrarese (di Cento per la precisione) Franco Stefani – già Direttore della rivista mensile Agricoltura, edita dalla Regione Emilia-Romagna e punto di riferimento per tutto il settore, nonché, in precedenza, corrispondente de l’Unità dalla provincia di Ferrara – e da un altro centese, Sandro Tirini, laureato in ingegneria nucleare con un passato da funzionario dell’ENEA (l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile).
Lo si legge come un romanzo d’avventure ed è avvincente quanto quello. Infatti, si dà conto di come scienziati che faranno la storia (ed i cui studi, purtroppo, avranno un uso militare devastante) furono maltrattati o ignorati dal fascismo e dal suo Duce a volte malgrado fossero fascisti convinti come Guglielmo Marconi (i cui esperimenti per realizzare il radar non furono portati avanti). Altri, come Enrico Fermi, furono costretti all’esilio perché non “ariani di razza italiana” (!?) o sposati con ebrei.
Ogni capitolo da conto dell’avventura umana di queste persone, spesso assai diverse tra loro, da Vito Volterra al già citato Marconi, da Ettore Bussei a Secondo Camprini (che progettò il primo aereo a reazione), da Fermi a Bruno Rossi, da Emilio Segré a Mario Salvadori. Questi tutti inascoltati o perseguitati.
Poi vengono quelli che nel libro, senza tanti giri di parole, sono definiti “i ciarlatani”: mossi da fantasticherie senza costrutto, promotori di invenzioni fasulle come chi propose tecniche per “agitare il mare” in modo da impedire sbarchi e danneggiare flotte nemiche, o si disse capace di realizzare carburanti e bombe che avrebbe consentito all’aeronautica italiana di arrivare fin sopra New York e bombardarla (!). E ancora: tra questi ci fu chi progettò un “folgoratore a distanza”, motori miracolosi, il leggendario e fumettistico “raggio della morte” e proiettili-razzo. Il regime li prese sul serio, li ascoltò e ne finanziò i progetti, ovviamente senza costrutto.  
Un disperato Duce dell’ultima ora parlò di armi segrete che avrebbero capovolto il corso della guerra nel corso della sua ultima uscita pubblica, sabato 16 dicembre 1944, al Teatro Lirico di Milano. Ripensando a quel discorso Mussolini confiderà a Claretta Petacci, il 31 gennaio 1945 (lo riporta Mimmo Franzinelli nel suo Storia della Repubblica sociale italiana): “Era molto meglio se non avessi parlato a Milano. Fiato al vento”. Come i “progetti” a cui diede ascolto.
Giovanni Rossi
(26 giugno 2023)