Diritto all’oblio. Attenzione! La pubblica opinione deve essere informata
Dichiarazione sul tema del diritto all’oblio e del rapporto con il diritto all’informazione di Valerio Vartolo, avvocato penalista da anni impegnato nella difesa dei giornalisti coinvolti in procedimenti giudiziari.
È di recente intervenuta una sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (n. 17233/17 Fuchsmann vs Germania), che si pone in netta controtendenza rispetto alla ‘prassi’ italiana. I giudici europei, con una sentenza particolarmente articolata, hanno ribadito un principio che conferma l’orientamento sempre più ‘anglosassone’ della giurisprudenza europea in tema di libertà di stampa: scrivono, infatti, i giudici che il diritto di informare prevale sul diritto alla reputazione personale e finanche alla privacy laddove oggetto della cronaca sono
personaggi che hanno un rilievo pubblico ovvero laddove la storia raccontata abbia una rilevanza pubblica e sociale.
Si dirà, ed è vero, che i canoni ermeneutici individuati dai giudici sono assai discrezionali ma ciò è connaturato alla stessa materia oggetto del contendere e del dibattito, e cioè la libertà di stampa. I giudici, invero, stabiliscono un principio che dovrebbe (e dovrà) costituire un modello per tutta la giurisprudenza italiana: il diritto all’informazione prevale sul diritto alla reputazione ed alla privacy, in tutto quei casi in cui siano in gioco notizie, storie e personaggi che abbiano travalicato la mera cronaca quotidiana, per intenderci. Sempre di più, giorno dopo giorno, assistiamo nei nostri tribunali a richieste risarcitorie legate alla mancata de-indicizzazione dai motori di ricerca di notizie che, a dire dei soggetti che conducono i giornalisti in Tribunale, dovrebbero essere ‘cancellate’ e questo a prescindere dal tipo di notizia e dai personaggi coinvolti: si chiede di rimuovere notizie di cronaca giudiziaria a procedimento penale ancora in corso, di rimuovere notizie che riguardano la mafia, le organizzazioni criminali in generale, storie di corruzione e casi di cronaca che hanno fatto e fanno discutere la pubblica opinione, e spesso si chiede tutto ciò richiamando una fantomatica legge sul diritto all’oblio che, ad oggi, non esiste e spesso richiamando tale ‘norma’ e legandola a ridicoli lassi di tempo o a fantomatici principi legati alla privacy.
Tutto ciò costituisce un duplice danno: da un lato si colpisce il diritto della pubblica opinione ad essere informata (si pensi al caso in cui un soggetto, in passato magari alle prese con problemi di natura legale si appresti ad assumere incarichi pubblici) e dall’altro si colpisce la ‘memoria storica’ intendendo come tale gli archivi giornalistici, informatici, che diversamente da quelli cartacei, in caso di cancellazione della notizia, subirebbero un danno permanente. Tutto ciò, peraltro, tenendo in considerazione che è in corso di discussione in Senato un emendamento che potrebbe comportare la de-indicizzazione della notizia, sul web, a prescindere dalla circostanza che tale notizia sia diffamatoria e dunque, magari, falsa, demandando tale potere al garante della privacy che, per la sua peculiarità, non è certamente l’organo più adatto a compiere un bilanciamento fra diritto di informare e diritto alla privacy appunto.
Ad ogni modo, poiché in tema di libertà di stampa l’orientamento della Corte europea dei diritti dell’uomo da tempo ha un orientamento assai più garantista nei confronti dei giornalisti (in più pronunce i giudici scrivono, apertamente, che il diritto di cronaca prevale sul diritto alla reputazione), sarà utile che anzitutto i giornalisti abbiano consapevolezza che alcun diritto all’oblio può prevalere, nei casi di cui si è detto, sul diritto alla reputazione e sul diritto alla privacy, e sarà doveroso che i tribunali nazionali conformino i propri pronunciamenti al più recente orientamento comunitario facendo piazza pulita di una ‘vulgata’ secondo cui la de-indicizzazione delle notizie sia pressoché automatica, decorso un qualunque lasso di tempo ed a prescindere dalla diffamatorietà o meno, e facendo anche piazza pulita di una giurisprudenza che in ossequio ad una tutela della privacy quasi onnicomprensiva ritiene di poter comprimere sempre di più il diritto di cronaca. Se è vero, e lo è, che l’informazione on line è, ad oggi, parte preponderante del sistema informativo non è pensabile ritenere che una applicazione quasi automatica del diritto all’oblio possa pregiudicare la ‘storicità’ delle cronache, gli archivi dei giornali e con essi l’intera memoria storica di un Paese. Per questo, sempre di più, è auspicabile che la giurisprudenza comunitaria diventi, nei tribunali nazionali, il cuore di ogni procedimento riguardante il diritto alla libera di stampa, e questo dovrà essere sempre più compito di noi avvocati oltre che dei magistrati.
Dal sito di Articolo21.
(3 novembre 2017)