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È scomparso Arrigo Levi. Un uomo libero: maestro di giornalismo, raffinato intellettuale, appassionato europeista

Arrigo Levi, che ci ha lasciati il 24 agosto all’età di 94 anni, è stato l’ultimo della sua generazione. Ha vissuto una costante ricerca della libertà di pensiero, con un grande attaccamento alla sua famiglia. È stato un maestro di giornalismo per tutti noi. È stato il segno e l’espressione di un grande attaccamento alle istituzioni. E per l’ultimo saluto durante la cerimonia funebre a Santa Maria di Mugnano, alle porte di Modena, erano rappresentati tutti i “mondi” che Arrigo ha “esplorato” nella sua vita di inviato, di corrispondente, di consigliere per il Quirinale. Oltre alle istituzioni locali, tra cui il sindaco Gian Carlo Muzzarelli, ha voluto essere vicino alla famiglia in questo momento di lutto anche Sergio Mattarella, come riconoscimento del lavoro di Levi durante le presidenze di Ciampi e Napolitano. Al cimitero, il Capo dello Stato ha fatto arrivare una corona di fiori, portata davanti alla tomba da due carabinieri in alta uniforme.

Quella di Arrigo Levi è stata una vita spesa per cercare la libertà e la giustizia: «libertà di fare, di essere se stesso, di parlare, di scrivere, ma anche libertà dalle oppressioni, dalle difficoltà, dagli ostacoli di ordine economico e sociale che – come indica l’articolo 3 della Costituzione – occorre rimuovere perché impediscono il pieno sviluppo della persona umana». Così lo ha ricordato il nipote, Ricardo Franco Levi, anche lui giornalista, che in tante avventure ha seguito l’impronta dello zio.  

«Parlando di suo padre Enzo – ha spiegato Ricardo Levi – Arrigo lo ricordava come avvocato, ebreo, antifascista e modenese. Ognuna di queste componenti vale anche per Arrigo, alle quali aggiungerei anche europeo. Sì, perché l’Europa è stata la sua grande passione». Di viaggi e corrispondenze dall’estero è stata piena la sua vita, a Mosca come a Londra e in Israele dove si recò per la prima volta nel 1948 arruolandosi volontariamente nelle brigate del Negev e partecipando alla prima guerra arabo-israeliana. «Ha sperato per tutta la vita la pace tra israeliani e palestinesi – ha detto Ricardo Franco Levi -. Avrebbe guardato con speranza il nuovo sviluppo in Medio Oriente, con il riconoscimento da parte degli Emirati Arabi Uniti dello Stato di Israele e il capovolgimento della logica della scacchiera mediorientale: non più un accordo con i palestinesi come condizione del riconoscimento dello Stato di Israele, ma un approccio rovesciato, il riconoscimento di Israele come condizione e premessa per la soluzione» del conflitto «e del riconoscimento dei diritti dei palestinesi». Il nipote ha poi ricordato i viaggi che Levi ha fatto, sempre a fianco di Ciampi e Napolitano, «anzi, li precedeva sempre, con il suo taccuino, per parlare con sindacati, prefetti, questori, vescovi, sindaci, cittadini».

Arrigo Levi riposa ora accanto alla moglie Lina Lenci. «Papà è stato un grande giornalista e intellettuale, ma soprattutto un uomo che accettava e vedeva tutti come persone, senza distinzione di razza, di ceto, di condizioni sociali, di educazione. Lui vedeva attraverso, vedeva dentro». Così lo ricorda la figlia Donatella, prima di appoggiare una pietra sulla tomba del padre, come da tradizione ebraica. «Ho ricevuto decine e decine di telefonate di amici e di persone che avevano conosciuto mio padre – dice Donatella –. La cosa che mi ha commosso di più è che tutti ne parlavano per il suo aspetto umano, dall’idraulico all’elettricista. Sì, le parole del presidente Mattarella mi hanno ovviamente toccato, ma quello che mi ha toccato di più è la grande fortuna di ricevere, nell’ultimo giorno sulla terra di mio padre, un’ondata di amore e la testimonianza di come papà aveva la capacità di incontrare tutti, dai grandi ai più piccoli, nella loro umanità».

Paolo Tomassone

(27 agosto 2020)