Magazine d'informazione

È scomparso Paolo Ferrari, storico fotoreporter bolognese, narratore di Storia e storie della sua amata città

È morto a Bologna dopo una lunga malattia Paolo Ferrari, 86 anni, fotoreporter che ha saputo raccontare attraverso la sua macchina fotografica la storia e le storie di Bologna. Nel 2015 aveva deciso di donare il suo importante archivio fotografico a Genus Bononiae. Musei nella Città di Bologna, che ha dato notizia della scomparsa: una scelta dettata anche dall’amicizia che lo legava al presidente Fabio Roversi Monaco. Parte di quelle foto oggi sono esposte all’Oratorio di Santa Maria della Vita, nella mostra “Criminis Imago. Le immagini della criminalità a Bologna”.
Attivo fin dagli anni Settanta come fotoreporter, non c’è fatto bolognese che non sia stato immortalato dalla sua macchina fotografica, complice un apparecchio che intercettava le chiamate alle volanti delle forze dell’ordine, trucco appreso durante il suo periodo di studi a New York: dalle prime immagini dopo lo scoppio della bomba alla stazione alle tragiche foto dei cadaveri lasciati sull’asfalto dalla banda dei fratelli Savi.
“La sua essenza più profonda – dice Marco Baldassari, responsabile dell’Archivio Ferrari – resta in quella poderosa mole di scatti (un milione e mezzo, dagli anni Sessanta ai primi anni Duemila) che ha voluto generosamente donare a Genus Bononiae, nell’Archivio che porta il suo nome, all’interno del suo studio di via Marsala in cui ha lavorato per decenni e nel quale ha voluto si svolgesse, per mantenerlo vivo e vitale, il lavoro di conservazione e archiviazione”. (ANSA)

Il Consiglio regionale dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna esprime ai famigliari le più sentite condoglianze.

Di seguito un ricordo del collega Roberto Zalambani.
PAOLO FERRARI FOTOREPORTER E MAESTRO DI GIORNALISMO
Il fotoreporter Paolo Ferrari ci ha lasciato il 3 febbraio. È stato il mio primo maestro di giornalismo. Lui aveva 38 anni e aveva da poco avviato uno studio fotografico con Luigi Nasalvi in via Marsala a Bologna. Io avevo 21 anni, abitavo nella vicinissima via Borgo di San Pietro e frequentavo la facoltà di Lettere lì a due passi. Era il 1972.
Quando Franco Vanni mi prese a collaborare con il settimanale cittadino di cronaca “Qui Bologna” (redazione e stampa presso la Poligrafici il Borgo di via dell’Industria alla Cicogna di san Lazzaro di Savena), il rito era quello di telefonargli il lunedì mattina da una cabina a gettoni di via Castagnoli, a fianco del teatro Comunale per chiedere se c’era un servizio per me.
Avuto l’incarico, andavo da Paolo Ferrari in studio e ci accordavamo per l’uscita insieme. Lui faceva le foto ma soprattutto mi confortava, mi consigliava, mi proteggeva, mi presentava. Chiuso il settimanale, ho continuato a frequentare saltuariamente lo studio dove mi consentiva di entrare in camera oscura e di sbirciare nei servizi che di lì a poco avrebbe consegnato al “Carlino” o ad altri committenti.
Ricordo di aver partecipato a tante conferenze stampa che non iniziavano finché Paolo non si materializzava.
Ricordo, tra i tanti momenti, la concessione all’Ucsi delle foto scattate in Stazione Centrale a Bologna durante la visita di Giovanni Paolo II il 18 aprile 1982 sul luogo della Strage del 2 Agosto 1980.
Quando alcuni editori, con l’avvento della fotografia digitale, iniziarono a imporre ai fotoreporters parcelle sempre più basse, provò ad opporsi, ma invano.
La crisi della professione aveva imboccato una china inarrestabile.

(3 febbraio 2021)