Magazine d'informazione

GIACOMO SCARAMUZZA: I CENT’ANNI DEL GIORNALISTA-PARTIGIANO

La prima cosa che ha chiesto quando ha preso alloggio nella casa di riposo Immacolata di Lourdes? Il funzionamento del wi-fi. Perché di smettere di scrivere e studiare, ma anche di scambiare storie e opinioni su Facebook, non ne vuole proprio sapere. E lo fa con le più moderne tecnologie, rispondendo ancora oggi puntualmente ai messaggi su WhatsApp.
Niente di strano, se non fosse che il collega Giacomo Scaramuzza è nato il 14 Gennaio 1923 e ha quindi superato il traguardo del secolo. È certamente il collega più anziano iscritto all’ordine in Emilia-Romagna e forse anche in Italia.

La sua è davvero una vita da film.
Inizia a bazzicare le redazioni già a 15 anni collaborando con diversi giornali e pubblicazioni fin dal 1938 (tra gli altri nel Secolo Sera di Milano, dove inizia, una prima volta, il praticantato) ma è costretto a fermarsi per il servizio militare.
Ufficiale degli Alpini, decorato con medaglia di bronzo al valor militare, alla nascita del movimento partigiano sale sulle montagne e con il nome di battaglia di “Giorgio” combatte per la libertà con la Banda dell’Istriano, nella Brigata Mazzini, in Val Nure.

Dopo la guerra realizza il suo sogno professionale, bruscamente interrotto dalla naja è poi dalle limitazioni alla libertà di stampa imposte dal fascismo.
“Il Comitato di Liberazione Nazionale iniziò a pubblicare il quotidiano “Piacenza Nuova” – racconta lui stesso in un’intervista di quattro anni fa al collega Thomas Trenchi – erano dilettanti è così conoscendo il mio passato professionale mi chiesero di incontrare l’amministratore per diventare caporedattore del giornale. Per lavorare, il dirigente mi chiese però di tesserarmi al Partito Socialista. Rifiutai perché non volevo far politica”.
Ma, come si dice? Quando si chiude una porta, si apre un portone. Nella centralissima piazza Cavalli proprio quel giorno Scaramuzza incontra l’amico Ernesto Prati, nipote del fondatore di quello che dal 1883 è il quotidiano di Piacenza. Gli racconta l’accaduto e lui risponde con un’offerta di lavoro: “Giacomo, stiamo cercando di ricostruire “Libertà” e tu sarai dei nostri”. Impresa non facile perché la redazione di via Benedettine era stata quasi completamente distrutta dai bombardamenti. “Era rimasta una sola stanza con un tavolo, che di giorno era riservato all’amministrazione e di notte ai giornalisti. Oltre a me, che ero l’unico professionista, la piccola squadra era formata dal direttore Ernesto Prati, suo fratello Marcello per la parte amministrativa, e il brillante Giulio Cattivelli”.

Tempi duri, che Scaramuzza ricorda però con entusiasmo: “Ernesto, pur essendo il direttore, si prestava a recarsi in questura, dai carabinieri e al pronto soccorso per raccogliere le notizie. Inizialmente, riuscivamo a pubblicare solo due pagine piegate tra loro. Poi cominciammo a proporre quattro pagine alla domenica. Pian piano, il quotidiano prese forma. Il “povero” Marcello Prati si sbatteva a reperire la carta per la stampa, che in quei mesi era poco diffusa. Per un paio d’anni fummo in concorrenza con “Piacenza Nuova”. Dopodiché chiuse i battenti, mentre la nostra “Libertà”. Ero il più giovane della combriccola, avevo solo ventidue anni. Lavoravo quattordici ore al giorno, con un contributo economico irrisorio. Più tardi, ottenni uno stipendio regolare, ricompensando i miei sacrifici”.
In via Benedettine resta per mezzo secolo occupandosi della cronaca cittadina e di quella provinciale, ma spaziando anche negli argomenti più svariati, dalla politica, alle cronache d’arte varia, allo sport (in particolare l’automobilismo di cui è stato anche praticante). Ha nel contempo collaborato con Corriere della Sera, Gazzetta del Popolo, La Stampa, Corriere Lombardo, Secolo XIX, L’Eco di Bergamo nonché con diverse riviste periodiche.
Ai giovani colleghi che si affacciano al mestieraccio ribadisce da sempre lo stesso consiglio; “Scrivete per le donne di servizio e non per i professori universitari. Se le prime vi capiscono, lo faranno anche i secondi. Non scrivete in “politichese”, “giornalese” o “critichese” ma con semplicità, che non significa essere sciatti”.

Giorgio Lambri
Consigliere Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna
(14 gennaio 2023)