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“Giubileo dei giornalisti”: grande evento romano con papa Francesco sabato 25 e domenica 26 gennaio 2025

Il papa ha parlato agli operatori dell’informazione, ai comunicatori, ma potremmo dire a tutti. Sì, perché il tema del “Giubileo dei giornalisti” non riguarda solo coloro che svolgono questo mestiere ma anche chi fruisce del loro lavoro. Tutto questo in un momento storico e in un contesto tecnologico e valoriale enormemente mutato nel giro di pochi anni.
Il grande evento romano di sabato 25 e domenica 26 gennaio 2025 sta producendo un’importante e approfondita riflessione non solo all’interno della categoria ma nelle singole coscienze. Cattolici e non, i giornalisti hanno partecipato in massa ai tre appuntamenti principali del Giubileo: l’incontro col papa nella sala “Paolo VI”, la celebrazione di San Giovanni in Laterano e la messa in San Pietro seguita dall’Angelus. A questo programma con taglio ovviamente religioso si è aggiunto il corso di formazione presso la sede dell’Ordine nazionale, alla presenza dei “vertici” dell’OdG, della segretaria della Fnsi e della dirigenza dell’Ucsi che ha coordinato i lavori.

Molteplici sono state le sollecitazioni suscitate dall’evento grazie anzitutto al pontefice (“siate narratori di speranza”) ma anche a due relazioni straordinariamente “alte” (quelle del premio Nobel per la pace Maria Ressa e dello scrittore Colum McCann) con un’analisi ampia e profonda e alcuni suggerimenti interessanti e utili.
La complessità del contesto è emersa in tutta la sua portata: le tecnologie avanzatissime, se impiegate spesso male – come sta accadendo -, creano mostri. L’informazione opera all’interno di questo mondo dove la verità – la sua ricerca – rimane pur sempre l’obiettivo ultimo. Ma se la manipolazione è di casa, diventa dura, molto dura. Bisogna comunque cominciare da se stessi e Bergoglio, davanti a 9.000 comunicatori provenienti da 138 paesi, pone domande autentiche, personali e impegnative: Ma tu, sei vero? Non solo le cose che tu dici, ma tu, nel tuo interiore, nella tua vita, sei vero?”.
Di qui il rapporto con l’altro, l’avvio della comunicazione, la narrazione di storie per conoscere e conoscersi, per diffondere la pace, la solidarietà, la collaborazione. Insomma la comunicazione “come collante e non come veleno”.

Il che non significa, lo ha ribadito lo stesso pontefice, occuparsi esclusivamente di positività (il mondo non è impastato solo di virtù, anzi) ma di tutto senza però utilizzare le parole dell’odio e con l’impegno di cercare, sempre e comunque, almeno un barlume di luce; un compito difficile, si dirà, tanto più che le tecnologie possono falsificare la verità dei fatti. E senza fatti – ha sostenuto la giornalista Ressa – non c’è verità e quindi nemmeno fiducia, né giornalismo e tantomeno democrazia. “La tecnologia oggi – ha poi osservato amaramente – premia le menzogne”. Le risposte della Ressa si riassumono nel collaborare, dire la verità con chiarezza morale (“il silenzio di fronte all’ingiustizia è complicità”), proteggere i più vulnerabili a cominciare proprio dai giornalisti e riconoscere il potere che si ha. C’è una famosa citazione quando si parla di diritti umani e di arresti, opportunamente ricordata: “Prima vennero i giornalisti. Non sappiamo cosa è accaduto dopo”.
La necessità di capire e di agire; ecco allora l’invito del papa: “Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano abbiamo bisogno di una narrazione umana”. Gli fa eco McCann : “La distanza più breve tra il nemico e il prossimo è una storia”. Se si conosce l’altro è infatti molto più difficile usargli il male. Meglio quindi narrare storie di persone, diffonderle dopo l’ascolto e la condivisione. Dallo storytelling allo storyhope, chiede Francesco. Per diventare pellegrini di speranza.

Alberto Lazzarini
Vicepresidente Ordine dei Giornalisti Emilia-Romagna
(29 gennaio 2025)