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IN MEMORIA DI EUGENIO VITALI: poeta, scrittore, giornalista di profonda saggezza

«Cantai la vita (inscindibile base). / Poi venne l’uomo (il tratto terminale). / Ora respira, penna leggera. / Ti ho logorato il pensiero, penna pesante». È una poesia di Eugenio Vitali, pubblicata nel prestigioso “Almanacco dello Specchio” del 2011, pubblicato da Mondadori e curato da Maurizio Cucchi e Antonio Riccardi.

La storia di Eugenio Gino Vitali, nato nel 1934, giornalista pubblicista dal 1990, scomparso il 24 febbraio 2023, è molto curiosa, ed è il segno di una predestinazione, se così possiamo dire, verso la parola poetica, verso un’espressività che, senza passare attraverso scuole ufficiali, ha fatto di lui un poeta riconosciuto in tutta Italia, senza che questo intaccasse la sua umiltà e la sua autoironia. Eugenio era falegname: un eccellente artigiano, che, ancora giovane, mentre lavorava sentiva le parole formarsi nel suo cuore e doveva appuntarsele, sul momento, su ogni tipo di supporto: frammenti di carta, listarelle di legno, ovunque. La notte, terminato il tempo del lavoro e della socialità, veniva il tempo della scrittura. Lui sapeva che quelle parole erano importanti, sentiva che non era solo uno sfogo momentaneo. Inoltre, la poesia per lui era un’esperienza pubblica. Fu così che nacque il libro poetico d’affissione, che apparve sui muri urbani di Ravenna, Cesena e in giro per l’Italia, ottenendo una immediata notorietà e visibilità.

Eugenio ha pubblicato molto negli anni, ma secondo modalità molto eterogenee: libri d’arte, piccole plaquettes, volumi imponenti anche per dimensioni, spaziando dal racconto al teatro alla lirica. Sempre al centro del suo interesse l’essere umano, nel tempo e nello spazio. Il “suo” spazio era senza dubbio Ravenna: un amore testimoniato da un bellissimo testo, “Ravenna. La durata di un trapasso” (introduzione di Claudio Marabini, illustrazioni di Carlo Zauli, Edizioni del Girasole, 1981), in cui si possono leggere poesie come questa: «La notte ha / fornaci rosse più del fuoco / e la vera mano vive clandestina. / La terra è / a filo d’erba / e non ha più altezza per un tetto». Una poesia, questa, che è un po’ la sintesi di gran parte dell’esperienza poetica di Vitali: immagini efficacissime, forma metrica originale, lontana da una tradizione più o meno paludata, senso del mistero per l’esistenza che nasce dall’osservazione del mondo attorno a sé. Con l’intelligenza artistica che lo caratterizzava, un altro grande poeta romagnolo, Giovanni Nadiani, ebbe a scrivere così dell’arte di Vitali: «Sfiancante potrebbe essere la fedeltà a un dire sempre più annichilito dai segni inconfutabili di un circondario quasi irriconoscibile, ma il compito doveroso di un grande, doloroso amore per esso e le sue sorti – perché in fondo questa è la sostanza della poesia di Vitali – non lascia alternative: contro lo “schermo di una nebbia che ha il parcheggio dentro il cuore” si abbatte, lacerandolo, il volo delle rondini, zigzagante tra le poesie, tra passato e presente, ispiratrici dalle loro lontane terre (di un “già stato”) di una possibile, sempre evocata diversa condizione» (dalla prefazione a “Gli occhi del tempo”, edizioni Mobydick, Faenza 1999).

Chi scrive ha avuto modo di presentare pubblicamente più volte le opere di Eugenio Vitali: ricordo un recital alla “Casa dell’Upupa” di Ilario Fioravanti a Sorrivoli. La tenue voce di Eugenio riuscì ad ottenere un silenzio attentissimo dal numeroso pubblico, con punte di viva commozione. Oppure una lettura pubblica durante una serata della rassegna “I suoni dello spirito” che curo a Cesena dal 2004. La modestia, la delicatezza di Eugenio Vitali erano eccezionali, così come la capacità di muovere l’emozione nei suoi lettori. Quando lo andavo a trovare, nel suo lindo appartamento ravennate, in cui spiccavano i mobili che aveva realizzato lui stesso, nei nostri colloqui i ricordi, le riflessioni, i giochi di parole, si susseguivano. Nonostante l’età avanzata, preparava qualcosa di buono da mangiare assieme, perché, diceva, che a tavola si fanno i discorsi migliori, e quelle giornate passate insieme resteranno sempre nel mio cuore: anche se ho conosciuto tanti scrittori, pochi sono stati così limpidi nel loro essere. Questo era l’uomo: una persona apparentemente semplice, ma dotata di una straordinaria capacità di “risuonare” con il mondo intero. Anche per questo, la sua assenza, solo parzialmente mitigata dalle sue parole stampate, resterà un dolore per chi l’ha conosciuto e gli ha voluto bene. In particolare per me resterà sempre il ricordo di una persona di profonda saggezza che, nonostante il divario anagrafico, seppe farsi amico di chi, tanto più giovane di lui, andava a trovarlo in un’atmosfera di familiare socialità. Il suo sorriso sornione, i suoi modi pacati ed eleganti, lo sguardo che si apriva all’infinito: ecco, oltre alle poesie, ciò che porterò sempre, nel mio cuore, di Eugenio Vitali.

Paolo Turroni
(6 marzo 2023)