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Le voci della radio. Videotestimonianza di Luca Bottura

Un seminario dedicato alla radio che, nonostante abbia superato i novant’anni, si mostra viva, versatile, moderna, umana. Veloce come la radio di flusso, che alterna musica e notizie e non disdegna anche qualche nota dissacrante come ha ben illustrato nel suo contributo video Luca Bottura, giornalista, autore e scrittore, che in mezz’ora ha fatto il ritratto dell’universo radiofonico italiano di oggi: un one man show tra programmi e protagonisti delle varie reti che ha
suscitato curiosità, ammirazione e risate.

Il “ritratto” della radio è complesso perché, in quasi un secolo di vita, è stata (e resta) la colonna sonora delle giornate degli italiani: a casa, sul lavoro, in auto. Rispetto al suo utilizzo da “aggregante” qual era in origine – quando le famiglie si riunivano intorno alla radio o il popolo si ritrovava nelle piazze per ascoltare le parole del regime – oggi sicuramente è più individuale: ognuno si crea la propria radio e la ascolta in modo estremamente personale. Innumerevoli sono le rivoluzioni cui si è sottoposta
per restare al passo coi tempi e adeguare il proprio stile ai gusti degli ascoltatori, ma sempre con un minimo comune denominatore: arrivare prima.

Se ne è parlato al seminario Fpc “Scrivere per la radio: evoluzione dei linguaggi” (il 23 maggio a Sasso Marconi), nell’ambito del festival della comunicazione “Marconi radio Days”. Un incontro realizzato dal Comune di Sasso Marconi – patria dell’inventore della radio – in collaborazione con Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna, Fondazione Odg e Rai.

Quello della radio è un viaggio iniziato nel 1924 con il primo annuncio radiofonico e via via proseguito nella forma e nel linguaggio oltre che nei formati.

Attualmente, in radio si scrive pochissimo. Nella radio di oggi, soprattutto quella di palinsesto – ha spiegato Giorgio Zanchini, giornalista di Radio1 Rai e conduttore della trasmissione Radioanch’io (con trascorsi alla redazione cultura del Giornale Radio Rai e al Gr1) – è fondamentale andare in studio con un incipit accattivante per poter catturare l’attenzione del pubblico, ma occorre saper procedere a braccio per mantenere un tono più discorsivo e adeguarsi meglio agli spunti che arrivano dal dialogo con gli ascoltatori. Dialogo che oggi si avvale di tutti mezzi offerti dalla tecnologia: agenzie, Internet, sms, whatsapp scritti e audio, Twitter, Facebook. Una miriade di input che, insieme alle comunicazioni dalla regia mentre si è in onda e a un occhio all’orologio per non sforare – ha detto Zanchini – a volte mettono a dura prova la concentrazione di chi conduce, ma al contempo danno una sensazione di vicinanza, calore, piena interazione, naturalezza. Una naturalezza che spinge molti di coloro che lavorano in radio a “leggere come parlato” anche i testi registrati, siano essi destinati a rubriche confezionate in studio o giornali radio, che ancora oggi, per i passaggi che comportano nella loro confezione, sono sempre scritti (sebbene in modo diverso).

Nei testi di oggi si trovano frasi brevi, consequenziali e non subordinate, linguaggio semplice, ma non per questo piatto, per essere comprensibile a tutti, spietata selezione delle notizie, perché in radio non esiste una seconda occasione e ci si deve far capire da tutti. La notizia è sempre più essenziale, come la diretta, la vera radio: quella delle cronache sportive – dove chi parla al microfono non scrive nulla, ma ha tutto in testa, nomi e numeri compresi e deve restare nei tempi – dei grandi eventi e delle emergenze.

Come per il terremoto che ha colpito l’Emilia tre anni fa. In quell’occasione – ha raccontato Clarissa Martinelli di Radio Bruno, che ha portato in sala l’emozione, l’ansia e la commozione di quei giorni – tra una scossa e l’altra, prima da sotto le scrivanie e poi dal cortile, grazie alla diretta continua, la radio è stata la voce rassicurante che smascherava le bufale o i tentativi di furto e sminuiva inutili eccessi di allarmismo. È stata la radio, nel suo ruolo di servizio pubblico e capillare a dare indicazioni sulle strade e sulla situazione nei luoghi più colpiti. È stata l’amico fidato, l’elemento aggregante di una comunità e il detonatore della solidarietà per raccogliere i primi fondi e avviare la ricostruzione lanciando l’iniziativa “Teniamo botta”. Un esempio per molte campagne delle stesso segno avviate dopo, ma molto più veloce e immediata.

Hanno completato la panoramica sulla radio del XXI secolo alcune testimonianze sulla Web radio. Michele Ferrari ha raccontato l’esperienza di Radio Immaginaria, un’emittente curata e realizzata da adolescenti tra gli 11 e i 18 anni. Sempre dedicata ai giovani è “a scuola di radio”, un’iniziativa in collaborazione con Radio Bruno attraverso la quale i giovani della scuola secondaria – ha spiegato Patrizia Monari – vengono introdotti nel mondo radiofonico e i più bravi ottengono una borsa di studio per sviluppare i propri programmi futuri. Molto interessante, e unica nel suo genere, Radio Emilia-Romagna. Nell’illustrare un palinsesto tutto votato a diffondere la cultura, la storia e le tradizioni della regione, Cinzia Leoni ha però lanciato un allarme: i fondi si stanno esaurendo e un’esperienza che poteva fare scuola e servire da mezzo promotore della bellezza dell’Italia potrebbe finire.

Infine, per completare il viaggio radiofonico, uno sguardo alla musica, componente fondamentale della radio. Giordano Sangiorgi di MEI (Meeting Etichette Indipendenti) ha posto l’accento sul duro confronto-scontro tra grandi case discografiche e piccole etichette, su vantaggi e svantaggi di applicazioni come Spotify, sul ruolo delle web radio per i musicisti che vogliono conquistarsi un posto al sole.

Anna Trebbi

Giornalista GR1 e conduttrice dell’incontro

(26 maggio 2015)