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“Manuale di deontologia del giornalista”: un nuovo libro del collega Michele Partipilo

Si intitola Manuale di deontologia del giornalista. Informazione, disinformazione, società il volume di oltre 300 pagine messo a punto da Michele Partipilo, con prefazione di Ferruccio De Bortoli, pubblicato da CDG Edizioni.

Così l’autore presenta il nuovo Manuale.
«Quattro anni dopo l’ultimo commentario al Testo unico dei doveri del giornalista, ecco un volume che – con un po’ di presunzione – ho voluto intitolare Manuale di deontologia. Affronta in maniera complessiva i problemi del lavoro giornalistico: dai rapporti con le fonti alle interviste al mutato scenario professionale.
In questi quattro anni sono cambiati il mondo e molte regole della professione, soprattutto abbiamo assistito alla più grande accelerazione della storia, provocata dalla pandemia da Coronavirus, i cui esiti ci sono ancora oscuri. La vita globale e con essa il “mestiere” di giornalista sono stati trasformati dall’emergenza sanitaria. È un processo ancora in piena evoluzione, ma che ha già evidenziato alcuni punti fermi: la rafforzata necessità di media tradizionali fondati su una informazione real­izzata da professionisti; l’urgenza di ripristinare e valorizzare le caratteristiche comunicative di ogni strumento; l’indispensabile ruolo della deontologia per sepa­rare l’informazione dalle sue falsificazioni.
In questi quattro anni è cresciuto a dismisura il fenomeno delle fake news e si è allargata la lotta per combatterle. Lo stesso capo dello Stato, Sergio Mattarella, è intervenuto più volte per sostenere la battaglia della verità. Rivolgendosi alla stampa parlamentare il 17 luglio 2020 ha detto fra l’altro: “Le fake news – notizie contraffatte – sono, normalmente, il prodotto di azioni malevole, abitualmente anonime, concer­tate allo scopo di ingannare la pubblica opinione, contando sull’effetto moltiplicatore del web e sulla assenza di sanzioni che caratterizza un mondo privo di responsabilità definibili. La pretesa di un non luogo, come è stato chiamato, dove ci si può permettere di propalare presunti fatti, falsati o inesistenti, senza alcuna sanzione. Esattamente l’opposto dell’informazione professionale che prevede anche sistemi di sanzioni puntuali sia degli organi preposti alla deontologia professionale, che da parte della magistratura. I due fenomeni non vanno quindi in alcun modo confusi. Anche sulla base dell’esperienza di questi mesi va ricordato che quella della libertà di stampa come bene pubblico è questione che attiene alla libertà delle persone”.
Non poteva esserci riconoscimento più alto al ruolo dei giornalisti, anche se nella categoria affiorano tentazioni di segno opposto. La violenza di immagini e parole prorompe talvolta da pagine di giornali e schermi televisivi nel tentativo di trovare ascolto. Come i venditori in un mercato, tutti i media urlano per sovrastare le voci degli altri. Compito essenziale della deontologia non è creare gride manzoniane che tranquillizzino la coscienza, ma definire e far rispettare quei parametri che danno senso e sostanza al giornalismo quale strumento di civiltà.
Il nostro Paese – o forse l’intero mondo occidentale – vive una crisi etica senza precedenti e i media la riflettono, come è inevitabile che sia. Ma in questo rispec­chiare la realtà il giornalista ha il dovere di esercitare il suo senso critico, di sotto­porre al vaglio della ragione gli eventi quotidiani, fermandosi a riflettere per cercare di capire. I giornalisti non sono testimoni muti del loro tempo, diventando voci critiche realizzano il valore più alto della professione che hanno scelto di svolgere. Per questo hanno bisogno di regole deontologiche, altrimenti sono alla mercé di qualunque padrone, senza avere in alcun conto libertà e verità. Ma proprio libertà e verità sono condizione e obiettivo della professione, come insegnano con il loro esempio i colleghi più illustri.
Durante la stesura di questo volume è venuto a mancare Sergio Lepri. Mi piace considerare le pagine seguenti come un omaggio non solo all’uomo perbene, al grande giornalista e al grande direttore, ma soprattutto al maestro che per tutta la vita si è sforzato – con mitezza e chiarezza – di insegnare ai colleghi le parole più giuste e il modo più onesto per usarle. Oggi più che mai abbiamo il bisogno di capire la complessità in cui siamo immersi e di riuscire a spiegarla a chiunque con parole chiare. Nel testo è tracciata una strada, spero che sia la più giusta, di certo richiede forza e molto coraggio per essere percorsa».

(12 luglio 2022)