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No al processo a porte chiuse. Tutelata la libertà di informazione

Pubblichiamo alcuni stralci della risposta del presidente del Processo Aemilia Francesco Maria Caruso alla richiesta degli imputati, accusati di associazione mafiosa, di celebrare il dibattimento processuale a porte chiuse.

“Sulla richiesta avanzata dal l’imputato Bolognino Sergio, a nome anche di altri imputati, di disporre che il processo prosegua a porte chiuse, di verificare a tal fine il contenuto degli articoli dei diversi mezzi di informazione che i richiedenti giudicano pregiudizialmente schierati con l’accusa, non rispettosi del principio di presunzione di non colpevolezza, distorcenti la realtà dei fatti processuali e per tal via capaci di influenzare le successive dichiarazioni di testi e collaboratori, se non addirittura i giudici stessi, circostanza che peraltro gli scriventi ritengono di poter escludere.
Ciò posto, appare evidente come entrambe le richieste debbano essere dichiarate inammissibili per carenza dei presupposti normativi.

Va ricordato che la pubblicità dell’udienza “a pena di nullità ” è anzitutto garanzia fondamentale degli imputati, come tale riconosciuta dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.
Ciò detto ritiene tuttavia il tribunale che la doglianza degli imputati meriti attenzione e legittimi un richiamo all’esercizio il più possibile professionale del sacrosanto diritto di cronaca giudiziaria, essendo in gioco l’altrettanto fondamentale principio di presunzione di non colpevolezza che deve essere bilanciato con il primo.
Nella pratica, si pone costantemente il problema del conflitto fra il diritto di cronaca ed il principio di presunzione di innocenza.
In questo senso soltanto la correlazione rigorosa tra fatto e notizia dello stesso soddisfa l’interesse pubblico all’informazione, che è la ratio dell’articolo 21 della Costituzione, di cui il diritto di cronaca è estrinsecazione, riportando l’azione nell’ambito dell’operatività dell’articolo 51 del codice penale.
La richiesta degli imputati in questo processo, al di là del giudizio tecnico-giuridico in senso stretto, consente di fare il punto in un processo di così grande rilevanza mediatica sulla giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo alla quale gli imputati nella sostanza si appellano.
Pur in assenza di argomenti di particolare spessore perché ciò che si contesta nella sostanza è il fatto stesso che un’informazione sul processo sia data mentre delle denunciate distorsioni non viene offerto alcun concreto esempio, due conclusioni possono essere raggiunte.
Il sistema anzitutto dimostra di possedere al suo interno i rimedi per reagire ad eventuali faziosità e pregiudizi della comunicazione, come la stessa rilevanza mediatica ottenuta dal documento degli imputati dimostra. Gli imputati inoltre hanno portato al centro dell’attenzione dell’opinione pubblica i complessi rapporti tra principi e valori che possono trovarsi in conflitto e hanno potuto svolgere le proprie rimostranze e critiche sul modo in cui i media svolgono il proprio ruolo in questo processo; una critica che, indirizzata formalmente al tribunale con richiesta di tutela, non è altro nella sostanza che un modo per riequilibrare i contenuti dell’informazione dalla parte della difesa, attraverso quegli stessi mezzi della cui imparzialità si dubita.
Pertanto dichiara inammissibile la richiesta di procedere a porte chiuse e dispone procedersi oltre nel giudizio”.
(23 gennaio 2017)