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“OPERAZIONE TEMPESTA”. A Bologna una mostra fotografica di Fausto Branchi e Stanisława sull’Insurrezione di Varsavia con patrocinio dell’OdG Emilia-Romagna

“OPERAZIONE TEMPESTA”. L’Insurrezione di Varsavia è il titolo della mostra realizzata dal fotogiornalista Fausto Branchi e dalla artista-fotografa Stanisława, inaugurata il 24 settembre 2022 al Museo Memoriale della Libertà di Bologna (via Giuseppe Dozza, 24).

Una esposizione permanente di forte impatto (patrocinata dall’OdG Emilia-Romagna e sostenuta da diversi organismi) che è stata aperta con un doppio evento: la presentazione della mostra e la posa sul suolo del Museo Memoriale della Libertà di una Quercia dedicata al Capitano Witold Pilecki, dell’Esercito Nazionale polacco, «che si fece (volontariamente) arrestare per poter entrare nel campo di concentramento di Auschwitz onde poter organizzare una segreta rete di aiuto, assistenza e resistenza per gli internati e non solo. (Da prigioniero riuscì a stilare rapporti su quanto succedeva all’interno del campo; questi rapporti vennero poi spediti a Londra…)». Presenti: Anna Golec-Mastroianni (Console Generale della Repubblica di Polonia), Jacek Pawlowicz (Direttore del Museum of Cursed Soldiers and Political Prisoners of the Polish People’s Republic), Arturo Ansaloni (Direttore del Museo Memoriale della Libertà).

Spiegano Stanisława e Fausto Branchi: “OPERAZIONE TEMPESTA” è stata realizzata perché «l’Insurrezione di Varsavia è uno dei vari episodi che riguardano la Polonia, avvenuti nel corso della 2ª Guerra Mondiale, che sono stati poi ignorati nel tempo, spesso volutamente, oppure confusi con altri, comunque mai ben ricordati, da chi non è Polacco. L’Insurrezione di Varsavia, al di là di ogni altra considerazione, fu come il Grido di Libertà levato al cielo da migliaia di persone, soldati e civili, donne, uomini, ragazze, bambini, vecchi e giovani uniti dal desiderio di riconquistare la Libertà, dopo anni di Resistenza all’invasore. Sapevano perfettamente di rischiare la vita; in migliaia la donarono per tale ideale. La potenza di tale grido riuscì ad avere la meglio sugli invasori in diversi quartieri della città vecchia, ma tale grido, dapprima incoraggiato dagli “alleati”, restò poi inascoltato dagli stessi “alleati” che fecero ben poco per portare aiuto a chi combatteva per gli stessi ideali di Libertà. L’esercito sovietico, in piena avanzata su tutti i fronti, su ordine di Stalin, si fermò a soli 14 km dal centro di Varsavia. Americani e inglesi non interferirono con gli ordini di Stalin; gli avevano già precedentemente ceduto la Polonia, abbandonandola ad una nuova dittatura. Gli Insorti vennero lasciati a sé stessi, ed alla fine capitolarono. Paradossalmente, solo I tedeschi riconobbero il valore di questi combattenti, accogliendo la richiesta che a tutti gli Insorti, civili o militari, venisse concesso lo status di soldato, quindi, come prigionieri di guerra, tutelati dalla Convenzione di Ginevra. Ebbero così salva la vita; in cambio dovettero accettare la deportazione in campi di prigionia e di lavoro in Germania».
E precisano: «l’Insurrezione ha rappresentato una di quelle pagine scomode, da lasciare chiuse in un cassetto: per gli “alleati” ricorda il tradimento effettuato alle spalle di un popolo, quello Polacco, che per primo e più di ogni altro, ha subito la ferocia di due invasori: quello nazista e quello sovietico. Con questa mostra, che resta in visione permanente, abbiamo cercato di togliere questa pagina da quel cassetto chiuso: c’è ancora molto da conoscere, non è mai troppo tardi per farlo».

F.S.
(27 settembre 2022)