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Le minacce ai giornalisti indeboliscono la democrazia

La rappresentanza serba dell’Osce (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), con il sostegno del rappresentante Osce per la libertà dei media, ha organizzato una conferenza di due giorni (26 e 27 marzo) a Belgrado sulla tutela della sicurezza e dell’integrità dei giornalisti nei paesi dell’Osce.

“Dopo l’assalto terroristico a Charlie Hebdo non è più tempo di parlare accademicamente della necessità di proteggere attivamente la sicurezza dei giornalisti, è tempo di agire. In ogni Paese occorrono misure concrete”. Sono le parole con cui la rappresentante dell’Osce per la Libertà di stampa, Dunja Mijatovic, ha aperto i lavori

della conferenza organizzata a Belgrado dalla presidenza di turno serba dell’Osce per sottolineare il raggiungimento, nel campo della libertà di espressione, dei requisiti richiesti per l’ammissione nell’Unione Europea.
Alla sessione di apertura è intervenuto il ministro serbo della Cultura, Ivan Tasovac. Per l’Italia, ha partecipato come relatore il direttore di Ossigeno per l’Informazione, Alberto Spampinato il quale ha sostenuto che l’Europa deve rafforzare la protezione dei giornalisti.
“Sollecito tutti i Paesi a fare di più per garantire la sicurezza e l’integrità dei giornalisti, per punire chi li minaccia o li uccide”, ha concordato la Mijatovic, ricordando vicende che attendono giustizia in Russia, Turchia, Azerbaijan.
“Per citare tutti i casi che conosco – ha aggiunto – forse ci vorrebbe l’intera giornata. Nei 47 paesi dell’area Osce la situazione della libertà di informazione è grave. Tutti conosciamo giornalisti che subiscono minacce, violenze, arresti, abusi e chi li colpisce o li uccide rimane impunito. Ci sono giornalisti che smettono di scrivere articoli critici senza che si sappia perché. Io lo so, perché parlo con loro tutti i giorni. C’è un giornalismo professionale di valore e un cattivo giornalismo. Ma in nessun caso possiamo tollerare che contro i giornalisti sia usata la violenza, che siano minacciati o uccisi. Non possiamo, perché ciò innescherebbe un raggelamento dell’informazione che distruggerebbe la democrazia”.
Dal sito del Consiglio nazionale dell’Odg www.odg.it.
(27 marzo 2015)