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Processo “Black Monkey”: condannati i malavitosi che volevano uccidere Tizian

Il tribunale di Bologna ha condannato tutti e 23 gli imputati del processo “Black Monkey” infliggendo la pena più alta a Nicola Femia, il 52enne residente da tempo a Ravenna, ritenuto il vertice di un gruppo legato alla ‘Ndrangheta che faceva profitti con le slot illegali per foraggiare le casse dei clan, anche con attività presenti da Vignola a Maranello, da Sassuolo a Formigine. Le pene hanno in alcuni casi superato le richieste del pm della Dda Francesco Caleca, che per Femia aveva chiesto 24 anni e 6 mesi. Ha tenuto dunque la tesi accusatoria di associazione mafiosa sostenuta dalla Procura.
Dopo due anni e mezzo di udienze, il tribunale ha anche disposto risarcimenti alle parti civili, il più alto da un milione alla Regione Emilia-Romagna. Risarcimenti anche per il giornalista Giovanni Tizian e per

l’Ordine dei Giornalisti: in un’intercettazione tra Femia e un altro imputato si parlava di uccidere il cronista, autore di articoli sgraditi all’organizzazione.
Alla lettura del dispositivo era presente anche don Luigi Ciotti, presidente di Libera, pure parte civile. L’operazione con custodie cautelari scattò nel 2013. Il giornalista Giovanni Tizian finì sotto scorta proprio perché autore di una serie di articoli sull’attività del boss calabrese e di altri personaggi del “giro” delle slot. Quanto scritto da Tizian riguardava maggiormente i fatti che poi hanno portato a una trentina di arresti a inizio anno: 1.500 macchinette sequestrate, blitz in tutto il nord Italia, 13 slot “taroccate” trovate nella provincia di Modena.
“Tizian? O la smette o gli sparo in bocca”. Ecco le due alternative fornite per telefono dal faccendiere Guido Torello al presunto boss della ’Ndrangheta Nicola Femia, che si lamentava delle “attenzioni” a lui rivolte dal giornalista attraverso un paio di articoli scritti sulla Gazzetta di Modena. Secondo la Dda di Bologna, che ha coordinato le indagini, il cuore pulsante del sodalizio criminale si trovava a Ravenna. Da dove lo stesso “Rocco” Femia, per gli inquirenti referente diretto della ‘Ndrangheta reggiana, oltre a gestire un ampio giro di estorsioni e sequestri di persona, manovrava anche i fili di una ragnatela nazionale e internazionale di vendita e noleggio di slot illegali, affiancata da una rete di giochi a pagamento, irregolari anche questi, che sul web si appoggiava a siti inglesi e romeni.
Dal sito del Cnog.
(23 febbraio 2017)