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Rapporto Unesco: 827 giornalisti uccisi in 10 anni a causa del proprio lavoro

I dati dell’ultimo Rapporto Unesco (l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura) presentano un quadro preoccupante: 827 giornalisti sono stati uccisi negli ultimi 10 anni mentre stavano svolgendo il proprio lavoro, 213 soltanto nel biennio 2014-2015. A queste cifre vanno aggiunte altre violenze subite dagli operatori dei media: rapimenti, detenzioni arbitrarie, torture, intimidazioni e vessazioni, sia offline che online, sequestro o distruzione di materiale. E ancora mancano i dati relativi al 2016.
È questa una parte dei “numeri inquietanti” contenuti nel nuovo Rapporto dell’Unesco “Sicurezza dei giornalisti e il pericolo di impunità” che sarà presentato a Parigi il prossimo 17 novembre, in occasione della 30esima sessione del Consiglio

intergovernativo del programma internazionale per lo sviluppo della comunicazione (Ipdc).
Secondo quanto riportato nel Rapporto, che fornisce l’analisi di un decennio di uccisioni di giornalisti, operatori dei media e produttori di contenuti social (dall’1 gennaio 2006 al 31 dicembre 2015), le zone del mondo più pericolose per chi fa informazione rimangono gli Stati arabi, teatro del 36,5% di tutti i casi (78 omicidi), soprattutto a causa delle situazioni di conflitto in corso in Siria, Iraq, Yemen e Libia.
Muoiono più giornalisti uomini (195) che colleghe donne (18 negli anni 2014-2015). Come spiega il Rapporto, è una “differenza che va al di là degli squilibri nella presenta di donne nei media e può in parte essere spiegata con il fatto che un minor numero di giornaliste coprono zone di conflitto”.
Negli ultimi due anni, solo poco più della metà degli omicidi di giornalisti sono avvenuti in luoghi in cui è in corso o c’è stato un conflitto armato: 126 casi (il 59% del totale).
Si conferma una tendenza che può essere osservata lungo tutto il decennio: la stragrande maggioranza delle vittime sono giornalisti locali (quasi il 90%). Anche se nel 2014 si è registrato un significativo aumento del numero di giornalisti stranieri uccisi (17 casi) rispetto alla media dei quattro anni precedenti.
Il gruppo più vulnerabile del settore dell’Informazione è quello dei giornalisti freelance, che lavorano in modo indipendente e spesso senza adeguate protezioni. Nel 2014-2015 sono stati uccisi 40 freelance o citizen journalist attivi online (il 19% di tutti i casi).
Un focus sull’Europa mette in luce che negli ultimi 10 anni sono stati uccisi 22 giornalisti: 9 in Ucraina, 2 in Croazia, 1 in Grecia, Bulgaria, Polonia, ai quali vanno aggiunte le 8 vittime dell’attacco terroristico del 2015 alla redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Includendo nell’area europea anche la Russia (19 giornalisti uccisi) e la Turchia (5 vittime) il totale raddoppia: 46 giornalisti caduti nell’assolvimento del proprio dovere. In molti casi chi ha commesso questi omicidi è ancora impunito.
Il Rapporto, pubblicato ogni due anni, rappresenta la risposta dell’Unesco alla richiesta dei 39 Stati membri del Consiglio intergovernativo del programma internazionale per lo sviluppo della comunicazione. Sulla base dei dati dell’Unesco i singoli Paesi possono fare il punto sugli sviluppi globali e pianificare le strategie più adeguate per la promozione della sicurezza dei giornalisti e la lotta contro l’impunità.
Qui il link al rapporto dell’Unesco “Sicurezza dei giornalisti e il pericolo di impunità”.
F.S.
(11 novembre 2016)