Scomparso Ercole Spallanzani, un grande del giornalismo sportivo
Un grande agonista, capace non solo di organizzare memorabili Rally della Stampa (nella scia del suo “maestro” Ermanno Mioli; per tanti una interminabile merenda di eccellenti specialità emiliane e romagnole intervallate da inutili prove speciali: per lui e pochi altri, l’ennesima prova, stavolta contro un cronometro, per misurare chi era il più bravo) ma anche di fare contemporaneamente il ferroviere e il giornalista, all’inizio, perché non si sapeva bene se l’editoria funzionasse e poi – raccontava con il suo vocione – “venivano Albertazzi e Monici – due dei fondatori di Stadio – la sera in stazione – la sede del giornale era a 200 metri -, io mi ero addormentato e loro mi svegliavano tirandomi per i piedi”.
Ritratti di goliardia redazionale che l’avvento degli scatolotti chiamati pc ha definitivamente tombato. Ercole Spallanzani, deceduto a 79 anni, è stato soprattutto Reggio Emilia, raro vedere un collega identificarsi così profondamente con la sua città, dai giornali (in ordine: Gazzetta di Reggio, Ultime Notizie, Giornale di Reggio, Prima Pagina, la Voce, che ha diretto, come Stampa Reggiana: città del Tricolore e mediaticamente vivace) ai luoghi di sport (Mirabello, Mapei, Palazzetto – lasciato in “eredità” alla figlia Gaia, pr di Pallacanestro Reggiana -, Canali, Albinea, Cere, i due golf club e chissà quanti ne dimentico), a trattorie, acetaie e casari (la professione di famiglia, la nostra terra, la sua vocazione).
Ma è stato anche Bologna, con il fortissimo legame con Stadio, al quale cominciò come supporto all’allora corrispondente Rinaldini, e il tifo rossoblu. È stato Romagna, per i Rally (di cui la moglie Lella era punto di riferimento insostituibile), il Panathlon del suo fraterno amico Dionigio, il mare a Pinarella e a Marina di Ravenna, la valorizzazione di Bellaria, sposando l’intraprendenza dei re dell’hotellerie quali “Veleno”, cioé Aldo Foschi, e poi Eros.
Non era raro che telefonasse dopo avere acceso la tv sul Pallone Gonfiato e scattasse con l’immancabile “ti ho seguito mentre facevi il tuo siparietto“, al tempo stesso rimprovero e apprezzamento. Severo, ma giusto, nei giudizi, conosceva Platini ma anche il campione di ruzzolone. E li trattava con il medesimo rispetto.
È stato mondo, prove auto e recensioni precise e puntuali in tutti gli angoli del globo, una amicizia vera e profonda con i pr delle case, un ruolo nell’associazione di settore, la UIGA, che ha toccato gli alti vertici. Ed è stato sindacato soprattutto nello sport. A lui, prima segretario con Grassia presidente, poi vicepresidente dell’USSI, va dato merito di avere difeso l’Unione in un difficile momento capitato nel 2007, dopo il quale accettò di guidare il GERGS, l’articolazione territoriale emiliano-romagnola, alla quale aveva donato un cospicuo avanzo di bilancio (era un “account” formidabile) generato dal Congresso Nazionale di Bellaria nel 1999.
Non credo che possa esistere uno che gli ha chiesto di fare uscire una notizia e a cui sia stato risposto di no. Pur di accontentare la polisportiva di paese, il parroco di rione o il piccolo organizzatore di montagna stava letteralmente alzato la notte. Con i potenti teneva la schiena diritta, capace di trattare ma mai di mostrare acquiescenza eccessiva.
Un paio di anni fa lo vado a trovare al CORE, il Centro Oncologico reggiano. Nel salutarmi mi fa: “Vedi, io non sempre sono d’accordo con chi comanda in regione e in città, ma la nostra sanità bisogna lasciarla stare, questo sembra un albergo”.
Il burbero benefico. Non so se Goldoni avesse in mente Ercole, ma ci è andato molto vicino.
Alberto Bortolotti
(17 maggio 2021)