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Se ne è andato Vittorio Boarini: intellettuale appassionato, creatore della Cineteca di Bologna che ha diretto fino al Duemila

Un supereroe. La definizione spontanea e affettuosa che il direttore della Cineteca di Bologna Gian Luca Farinelli ha dato di chi fino a vent’anni prima aveva ricoperto il suo ruolo contiene tutta l’ammirazione per l’energia, la vitalità, l’intelligenza e l’allegria di un uomo (o forse appunto un supereroe) che ha segnato profondamente la cultura del capoluogo emiliano romagnolo. Se ne è andato Vittorio Boarini, l’intellettuale che ha inventato la Cineteca di Bologna, l’appassionato idealista che ha fondato un festival, quello del Cinema Ritrovato, per il quale la gente adesso si muove da tutto il mondo, lo spericolato manager convinto nel lontano ’83 di lanciare quella scuola di restauro dei film che è diventata vanto internazionale e bandiera del made in Italy. Se ne è andato a 86 anni, dopo una vita vissuta con passione e determinazione. Ha cominciato come coriaceo funzionario comunale pronto, agli inizi degli anni ’60, a sostenere la storica Commissione Cinema, voluta dall’allora sindaco Zangheri, che avrebbe propiziato la nascita nel ’74 di quella Cineteca di cui sarebbe stato direttore fino al Duemila e dalla quale si sarebbe staccato solo per raggiunti limiti di età. Erano anni fertili e promettenti, pur nell’oppressione della politica, dei conflitti sociali e del terrorismo, quelli di buona parte della seconda metà del Novecento. Anni colmi a Bologna di personalità strabordanti come Renzo Renzi, Pietro Bonfiglioli, Dario Zanelli, Franco La Polla, Gian Paolo Testa… Anni di una nuova consapevolezza critica verso la straordinaria macchina dei sogni che è il cinema, di dibattito e confronto grazie alla nascita e all’evoluzione del Dams, di curiosità nascente verso le nuove tecnologie destinate a scoppiare nel Millennio successivo (come dimostra il varo di un festival da lui fortemente voluto come “L’Immagine Elettronica” nel lontano ’83). Boarini ha attraversato e fomentato i fuochi del Nuovo, impegnandosi su vari fronti: è stato docente all’Accademia di Belle Arti e al Dams, ha curato saggi e libri e soprattutto si è messo al servizio di un’idea utopica di sviluppo della società attraverso la cultura. Era uomo delle istituzioni ma anche personalità scomoda, spesso in duro conflitto con il Pci: ai tempi del ’77 fu uno dei pochi a cercare un dialogo con il movimento studentesco curando la rivista “Il cerchio di gesso”. Ha detto il sindaco di Bologna Lepore alla camera ardente: “La sua storia è un manifesto di quello che la politica, le nostre istituzioni e la nostra città hanno saputo fare creando cose che non esistevano”. È vero e anche per questo a lui verrà intitolato il piazzala antistante l’attuale parcheggio Giuriolo dove sorgerà l’archivio della Cineteca. Andato in pensione, Vittorio (entusiasmo costruttivo, vocione rassicurante, squarci di intelligenza illuminanti) non se ne era stato di certo con le mani in mano. Aveva preso la guida della Fondazione Federico Fellini di Rimini e qui, insieme a Tullio Kezich, si era occupato de “Il libro dei sogni”, la vita onirica del regista dei “Otto e mezzo” avventurosamente acquisita dalla Fondazione romagnola.
Claudio Cumani
(6 novembre 2021)