La morte di Aldone Ferrari
E’ morto Aldo Ferrari, figura storica del giornalismo bolognese. Aveva cominciato come fotoreporter, negli Anni ’50, e di quel tempo ha fissato le più significative immagini che poi ha donato al fondo della Cineteca di Bologna. Sua, fra l’altro, l’immagine del pittore naif Antonio Ligabue, a fianco dell’autoritratto e con la “bozza” in fronte per gesto di autolesionismo. Portando i suoi “clic” a «Carlino sera» fu coinvolto nel lavoro redazionale e passò alla macchina per scrivere. Fu assunto da Giovanni Spadolini e si iscrisse al nostro Ordine l’1 agosto 1962. Ha lavorato in diversi settori del giornalismo (dalla cronaca allo sport) ed Enzo Biagi, nel 1970, lo fece responsabile della pagina della città, carica che gli fu tolta dal successivo direttore. E fu polemica a Bologna.
In quegli anni Aldo Ferrari fu eletto presidente dell’Associazione Stampa emiliano-romagnola-marchigiana e s’impegnò, fra l’altro, contro l’uso delle sinergie quando toglievano “impronta storica” alle testate. La sede dove lavorava nel sindacato – in via San Giorgio a Bologna – fu bersaglio dell’azione terroristica incendiaria che costò la vita a Graziella Fava, collaboratrice familiare soffocata dal fumo. “Aldone” è stato anche inviato del «Carlino» su avvenimenti, fatti e circostanze di rilevante spessore e i suoi pezzi avevano il dono di “farsi leggere”. E’ stato anche giornalista specializzato nel settore dell’automobile.
“Messo in pensione” ancora con l’entusiasmo del giornalismo in corpo, è rimasto punto di riferimento professionale e etico per le generazioni successive.
Il 25 gennaio scorso aveva compiuto 89 anni. Due settimane dopo, in casa, si è sentito male ed è stato trasportato al Sant’Orsola dove, purtroppo, non c’è stato più niente da fare. Ordine e Sindacato hanno espresso vivo cordoglio. Il sindaco di Bologna, Merola, ha detto: “A Ferrari va la riconoscenza di tutta Bologna, non solo per il servizio reso alla città con il suo lavoro ma soprattutto per l’immenso patrimonio culturale e storico che ha lasciato in eredità alla nostra comunità, donando tutti i suoi scatti all’Archivio fotografico della Cineteca”.