Il senso della misura (e dell’humour) di Franco Basile
“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda”. È una citazione di Gabriel Garcia Marquez, usata da Francesco Basile, Franco per noi, per spiegare il rapporto spazio tempo che rende attuale e straordinaria l’opera di Giorgio Morandi.
Abbiamo appena appreso della dolorosa scomparsa, dopo una malattia, di Franco. Aveva 86 anni: ne dimostrava assai meno.
Chiudiamo gli occhi e proviamo a dare retta al suggerimento dello scrittore colombiano dando retta così a Franco.
Eccolo là, il Basile della nostra memoria: è seduto alla sua scrivania, ordinata, ai lati del grande stanzone della cronaca di Bologna, a il Resto del Carlino.
Minuto. Elegante. Composto. Silenzioso. Gentile.
Era diventato professionista nel 1967 e dopo alcuni anni trascorsi all’Ufficio Province, era stato chiamato da Paolo Francia, nominato capocronista, a fargli da vice. Da quel momento, non lasciò più quell’ufficio, dove aveva anche la responsabilità diretta della rubrica di critica dell’arte. La materia che amava.
Del giornalista di razza aveva la curiosità, priva di impulsi morbosi. Coniugava la professione – cosa nobile – al grande gioco di squadra, ricetta essenziale per un quotidiano: e la cosa faceva per lui.
Quando la stagione lo consentiva, raggiungeva il giornale con un’auto d’epoca molto scenografica, scoperta, a due posti, con il classico casco in pelle e occhialoni da guida, stile Anni ’30: sembrava Douglas Fairbanks.
Non girava con le mostrine, i “gradi” erano asserviti alla causa comune. Dalla sua scrivania, osservava. Come il più attento dei critici d’arte. Con discreta attenzione. Cercava di mandare precisi segnali: nessuno è insostituibile, tutti sono necessari. Prodigo di suggerimenti non imposti verso i più giovani.
Usava con eleganza l’arma dell’ironia, togliendo e mettendo peso, la leggerezza senza superficialità. Era il gioco di società di quel grande ufficio: a turno muovevano la pedina lui, Leoni, Sapori, Benassi, Cristofori, Canditi… il gioco della vita.
Facevano un grande giornale, usando il sorriso, l’ironia, la battuta, i colpi di teatro.
Vestito come un lord inglese, con tono pacato, Franco Basile era un professionista del gioco lessicale, dell’improvvisazione scenica che la realtà offriva. Il centralino passava un lettore: “Mi è caduto un asteroide nel giardino”. Lui, dopo aver sistemato le mezze lunette di lettura sul naso, ripeteva forte (per essere sentito da tutti): “Ah, sicché le è caduto un asteroide nel giardino (pausa teatrale): attenda, le passo l’ufficio comete”. Poi metteva un attimo in attesa l’interlocutore, per riprendere la chiamata, sempre lui (!) e chiedere all’informatore ogni informazione sull’oggetto non identificato piovuto dal cielo: forma, dimensione, materia ecc. ecc. E quella volta che incollò una mosca morta su un foglio, passandolo in tipografia come foto a due colonne, con la dicitura “Insetti assassini a Ferragosto”.
Erano gag che alleviavano il tran tran della vita di un quotidiano, non intaccando minimamente il compito, la professionalità, il rigore delle regole e dell’etica.
Francesco Basile, per noi tutti Franco, è stato tra i più grandi critici e studiosi di Giorgio Morandi. Ma lui preferiva dire più semplicemente che “la materia del Maestro bolognese era quella che aveva trattato di più”.
Provare a capire l’ermetismo di Morandi, percorrere le strade della sua solitudine prendendolo a braccetto con rispetto, era la sua grande passione.
Oltre agli innumerevoli articoli, Basile riservò a Morandi libri come “Il laboratorio della solitudine”, “I giorni di Grizzana” (scritto con Giulio Carlo Argan), “I luoghi, le cose”, “Minime Grandezze”, “Morandi incisore”, “Arte e poesia” (raccontando dei rapporti tra Morandi e Luzi, Ungaretti, Quasimodo), “Cronache di un ricordo” e “Comparazioni grafica-pittura”.
Oltre all’arte, c’era l’amore per la storia del suo territorio. Franco l’aveva raccontato in altri volumi: “I Borghi senza tempo”, “Borghi e gente di pianura”, “Il tempo dei mulini”, avvicinati con l’occhio vigile, discreto e di grande sensibilità che riservava anche nei rapporti personali: calorosi e riguardosi.
Il senso dell’humour e della vita raggiunti con garbo e senza mai oltrepassare il limite.
Diego Costa
(9 novembre 2020)