Addio Valter Guagneli. Lieve, curioso, le dita sempre sulla tastiera con arguzia, mestiere e umiltà magistrale. Il ricordo di Luca Bottura
“E all’improvviso, valzer di portieri”. E da lì partiva una rumba di calciomercato in cui notizie vere e verosimili, ma sempre parenti strette della realtà, si miscelavano in modo mirabile. Un turbinio di telefonate, ammiccamenti, almanacchi Panini da consultare ma solo per sicurezza, perché li conosceva a memoria. E infine le dita sulla tastiera, sempre con uno svolazzo, un colpo di reni, un passo doppio lessicale, dissimulato dietro un’umiltà magistrale. La stessa che gli faceva profferire quella frase stentorea e autoironica prima di mettersi all’opera: un classico luogo comune del calcio, appunto il valzer di portieri, da abbattere subito dopo.
Valter Guagneli, che ci ha lasciato oggi dopo essersene andato un passetto alla volta, è stato tutto questo e molto di più. Un anello di congiunzione tra la vecchia Unità, quella del suo mentore Franco Vannini, tetragono e generoso, che ci teneva a vantare le sue origini da lavoratore vero, mica come noi cronisti acquisiti, e il giornalismo contemporaneo. A suo modo, un apripista. Un manager, anche. In grado di mediare con gli inserzionisti per portare qualche spiccio nelle tasche del vecchio giornalone comunista. Ma senza mai deflettere dalla passione per la notizia. Che era, dati i natali romagnoli, la sua seconda vera passione.
Valter era la sua risata. Ampia, sincera, ironica. Tentatrice, anche. La classica figura capace di insegnare senza salire in cattedra. Il professionista caloroso da cui imparare per osmosi. Un jolly capace di disimpegnarsi laddove gli altri colleghi non si avventuravano. Il possessore di ognuno dei ferri che questo lavoro richiede, ma senza lucidarli mai. Senza metterli in vetrina. Politicissimo, parlandone raramente. A suo agio con qualunque titolo da chiudere al volo, e bene, senza ostentare velocità e capacità. Uomo di pace e di dialogo nell’ambiente spesso accidentato di una redazione, in grado di gestire anche gli estri dei colleghi, le loro pigrizie, gli inevitabili errori, preferendo la battuta alla bacchetta. Entusiasta. Lieve. Curioso.
Ecco, credo che l’altro lascito imperituro di Valter sia la sua curiosità. Il suo misurarsi con ogni tema cercando di capirne qualcosa in più, per raccontarlo ai lettori. Con un nitore espressivo che avrebbe forse meritato testate più roboanti ma che, proprio come l’amico e collega Stefano Biondi, scomparso poche settimane fa, aveva scelto di vivere a modo suo. Mai troppo lontano da casa, da Rossella, da quel giovane talento del pallone che è il figlio Lorenzo, dal teatro di Cesenatico che per un po’ aveva preso in gestione. Tentato com’era, insieme alla sua metà, dall’idea di far salire sul palco, sul piedistallo, qualcuno che proprio lui aveva contribuito ad indirizzare fin lì. Un po’ come i calciatori che raccontava così bene. Anche quando, magari, non è proprio che lo meritassero fino in fondo.
Il paradosso di essersene andato in punta di piedi, lentamente, quasi per non disturbare, è perfettamente coerente con ciò che il mio amico Valter Guagneli, che mi mancava già e oggi mi manca un pochino di più, è stato in vita. Un professionista formidabile e capace, camuffato da goliarda. Una persona dall’umanità strabiliante, capace di imbarcarsi nei lavori più usuranti, come l’avventura di Mattina, uno straordinario progetto di giornalismo glocal perfetto per il mondo iperconnesso del 2022. Peccato fossimo nel 1995. Tecnologia compresa. Ricordo ancora il giorno in cui ci fu presentato il sistema editoriale che prevedeva una novità assoluta per l’Unità: il mouse. Walter lo afferrò tentando di usarlo come telecomando del tv. Ridemmo molto. Due mesi dopo passava pagine a raffica e pareva cresciuto a “poveracce” e microbyte. O almeno così ci dava a intendere. Credibilissimo. Ammaliante. Simpatico, bravo, sul pezzo.
Gli ho voluto molto bene. Ma non sono affatto originale: gli abbiamo voluto bene tutti noi che oggi lo piangiamo con una specie di sorriso. Anche perché è la seconda notizia orribile e prematura in pochissimo tempo e ho anche la sfortuna di essere ateo. Non lo fossi, spererei che a quest’ora sia arrivato da Stefano per passarsi qualche altra notizia di mercato, davanti a un bicchiere di rosso, mentre un megafono scandisce le formazioni di una partita tra Cesena a Bologna e una fisarmonica suona l’Internazionale come se fosse un valzer.
Una chiacchiera, un’altra, un ricordo da condividere quand’ecco che… all’improvviso, valzer di portieri.
Luca Bottura
(3 giugno 2022)