Si è spento Roberto Botti. Giornalista irrequieto e poliedrico innamorato della professione
Se n’è andato alla sua maniera, Roberto Botti. Lasciandoci di stucco, perché non era vecchio, dopo una vita vissuta con la coerenza di chi non scende a patti. Fin da giovane, da quando – concorrente di un quiz sportivo televisivo sul Bologna calcio – chiese lumi su come si potesse diventare giornalista: eravamo all’inizio degli anni ‘80. Colpiva di lui l’immediatezza del pensiero. Un’abilità intuitiva sopra la media. Ma sopra la media è sempre stata anche la sua irrequietezza, una specie di eroe romantico dell’Ottocento finito fuori contesto. Ribelle, buono, di quelli che non si assoggettano facilmente alle regole. Ma non puoi volergli male.
Ecco. Roberto ha vissuto fuori contesto, volutamente fuori contesto, la sua genialità. Unita a un carattere genuinamente bolognese, a una bontà di fondo con cui finiva per farsi perdonare gli eccessi, i ritardi, cose che considerava superflue.
Lo avevamo perso di vista, proprio come quando – aspirante calciatore – era fuggito dal ritiro estivo della sua squadra di calcio dilettantistico, tanto da essere cercato ovunque e con sgomento, e poi ritrovato su un albero. Un biglietto da visita di chi non accetta le regole.
Da giornalista però, ottima capacità di sintesi, senso della notizia. Giornali, radio, tv, a cui talvolta ha regalato intuizioni di cui siamo stati testimoni. Seguendo il Bologna calcio, fu lui a “dare il buco” a tutti: “Occhio che Detari, domenica, non gioca: ha un problema al ginocchio” Molti lo snobbarono. Invece aveva ragione lui, tanto da meritarsi – il giorno dopo – i complimenti di Gianfranco Civolani.
Quando il Bologna perse la penultima di campionato, praticamente consegnando al Napoli lo scudetto (il Milan perse a Verona) ce ne stavamo nell’androne sotto la tribuna ad aspettare i calciatori per le consuete interviste.
Di lì, partiva il tunnel che attraversava il vialone e finiva all’Antistadio. All’improvviso, mentre eravamo in attesa, la porticina del tunnel si schiuse. C’era Roberto Botti: “Vieni, disse, ma in silenzio”.
Ci ritrovammo soli con Diego Maradona e l’addetto stampa del Napoli Juliano. Li seguimmo fino all’antistadio, riuscimmo a strappare un paio di commenti al “Diez”. Come avesse fatto Roberto, ancora non lo so.
L’irrequietezza è stata una scimmia appollaiata sulla sua spalla, dette vita a una piccola società, sfruttando un’altra intuizione.
Quella del “Resto del Casino”, ironica versione da osteria del quotidiano, sotto forma di tovaglietta di carta che poi poteva essere personalizzata.
Un titolo, oggi, tristemente in linea con gli ultimi anni della sua vita.
Caro Roberto vogliamo ricordarti come un uomo generoso e di cuore e col cervello sempre acceso: fino a surriscaldarsi.
Te ne sei andato, proponendo al tuo amico Andrea di dare vita a una forma innovativa e moderna di podcast.
Eri un processore molto veloce, più di molti altri.
Troppo più veloce: anche della vita.
Diego Costa
L’ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna si unisce al cordoglio di familiari, amici, colleghi e formula sentite condoglianze.
Ultimo saluto a Botti il 7 maggio 2024 presso la Camera mortuaria della Certosa di Bologna.
(7 maggio 2024)
Nella foto Roberto Botti all’epoca dell’iscrizione all’OdG (anni ’80 – ’90)