Da Marconi ai giorni nostri. Cent’anni di una “scatola che contiene tutto il mondo”
Il centenario della radio si prospetta come felice occasione per celebrare la gloria di un genio italiano, Guglielmo Marconi, bolognese di nascita, e per ricordare un secolo di storia del nostro Paese che inizia nel 1924, tempo della morte di Lenin e, in Italia, delle elezioni caratterizzate dalle violenze fasciste. Il deputato socialista Giacomo Matteotti denuncia i brogli e per questo viene ucciso. Muore Giacomo Puccini e George Gershwin compone la “Rapsodia in blu”.
Il 27 agosto, a Torino, viene costituita l’URI, Unione radiofonica italiana, che vede le industrie del settore firmare un accordo con Costanzo Ciano (Ministro delle Comunicazioni e padre di Galeazzo, futuro genero del duce) per la gestione del settore, premessa al successivo monopolio.
La prima voce nell’etere è, ovviamente, quella di Mussolini. Poi, alle 21 del 6 ottobre 1924, l’inizio delle trasmissioni con: “A tutti coloro che sono in ascolto il nostro saluto e il nostro buona sera. Trasmettiamo il concerto di inaugurazione della prima stazione radiofonica italiana”. Seguono “musica scelta”, il bollettino meteorologico e la borsa. Il tutto per un’ora e mezza.
Inizialmente le stazioni trasmittenti sono solo due, Milano e Venezia, ed i programmi vengono seguiti prevalentemente da gruppi di ascolto costituiti nei dopolavoro.
Il 1927 vede la nascita dell’EIAR, Ente italiano audizioni radiofoniche. La Chiesa invita i preti a non ascoltare le trasmissioni fino al 1931 quando sarà varata Radio Vaticana.
La prima trasmissione di largo successo è “I quattro Moschettieri”, una rielaborazione del libro di Dumas, fatta da Nizza e Morbelli e sponsorizzata da Buitoni e Perugina, prime ditte italiane ad intuire la potenzialità della pubblicità attraverso l’etere.
Arrivano poi le radiocronache delle partite di calcio con la prima diretta di Bologna-Torino il 26 giugno 1929 e il debutto di Nicolò Carosio, dipendente di una industria petrolifera che sarà assunto dall’EIAR nel 1933 per il confronto internazionale di Italia-Germania. Nasce così la “voce che fa vedere” e conia parole che diventeranno usuali nel mondo del calcio, come “rete” al posto di goal.
La cronaca calcistica in radio diventa programma “cult” nel gennaio 1960 con “Tutto il calcio minuto per minuto”, trasmissione sperimentale in preparazione dei Giochi olimpici di Roma, che da allora terrà compagnia ai calciofili italiani tutte le domeniche attraverso voci che diventeranno familiari come quelle di Enrico Ameri, Sandro Ciotti, Beppe Viola…
Poi il ciclismo, dal primo annuncio della vittoria di Bottecchia, nel 1924, alla seconda tappa del Giro di Francia fino al trionfi di Bartali e Coppi, quest’ultimo immortalato dal radiocronista Mario Ferretti con la frase: “un uomo solo è al comando, la sua maglia è biancoceleste, il suo nome è Fausto Coppi”. Il Giro d’Italia ciclistico partorirà nel 1962 il “Processo alla tappa” di Sergio Zavoli.
Infine il pugilato con un radiocronista d’eccezione il 26 ottobre 1951: Mike Bongiorno a bordo ring del Madison Square Garden di New York per l’incontro Rocky Marciano-Joe Louis.
E veniamo alle famose “dirette” di cronaca con il funerale di Marconi, celebrato il 23 luglio 1937 a Bologna, in San Petronio, e raccontato al mondo intero dal balconcino della Sala rossa di Palazzo d’Accursio con la voce di Maria Luisa Boncompagni.
Due anni dopo l’inizio della seconda guerra mondiale e lo sfruttamento della radio, ad opera del fascismo, come strumento bellico che racconta anche vittorie mai conseguite, gli italiani “resistenti” passano a Radio Londra, che apre le trasmissioni con le prime note della Quinta sinfonia di Beethoven: in linguaggio Morse rappresenta la lettera “V”, iniziale di Vittoria.
L’EIAR, il 26 luglio 1943 interrompe le trasmissioni per comunicare le “dimissioni” di Benito Mussolini, con la voce di Titta Arista, e il 9 maggio del 1945 la fine della guerra con l’annuncio fatto da Corrado, il futuro presentatore della “Corrida”, già in azienda RAI (Radio audizioni italiane) costituita il 26 ottobre 1944 a Torino.
Primo grande successo è il Festival di San Remo del 1951.
Il 3 gennaio 1954 nasce la televisione e, da allora, l’immagine si unisce alla voce nella storia delle telecomunicazioni. La Rai diventa Rai-tv completando la serie delle sigle: URI, EIAR, RAI, Rai-tv.
Una tappa importante per l’emittenza nazionale è l’esordio delle radio private, dette “libere”.
Fino al 1974 la legge riservava allo Stato l’esclusivo esercizio della radiofonia e quindi le uniche “voci fuori dal coro” erano quelle di Radio Capodistria, Radio Monte Carlo e Radio Svizzera Italiana, poi, alle ore 11 del 23 novembre 1974, dai colli dell’Osservanza, a Bologna, si diffonde la voce di “Radio Bologna per l’accesso pubblico”, ideata dalla Cooperativa Lavoratori Informazione per impulso di Roberto Faenza e Rino Maenza.
Un mese dopo nasce Radio Parma, l’emittente radiofonica privata che trasmette ininterrottamente da più anni.
Del 1976 è la storica pronuncia della Corte Costituzionale (la n.202 del 28 luglio) con la liberalizzazione delle trasmissioni via etere purché in ambito locale. Del 1990 la Legge Mammì, che determina l’assetto radio-televisivo, e del 2004 la Legge Gasparri, che disciplina le trasmissioni televisive con riferimento specifico ai minorenni. Per questi ultimi prevede che non debbano essere divulgate e pubblicate le generalità e l’immagine, ma neppure quei dati che potrebbero portare alla loro identificazione quando sono testimoni, vittime o danneggiati da reato.
Deve ovviamente essere osservata la Carta di Treviso ed ogni altra norma che tuteli il minorenne dalla “violenza mediatica”. A ulteriore salvaguardia sono pure istituite fasce orarie in cui si presume che bambini e adolescenti non siano in ascolto o in visione. Non solo: la comunicazione commerciale non deve arrecare pregiudizio fisico o morale ai minorenni, magari con l’invito ad acquistare beni, ed è fatto divieto di pubblicizzare giochi con vincite in denaro.
Claudio Santini
(8 ottobre 2024)