Vita “scomoda” da freelance: difficoltà concrete, amara ironia, amore per la professione
Venticinque anni da freelance, eppure … Nulla di concreto in mano. Sì, alcune corrispondenze rituali, sempre di meno, per la verità, e allora neanche le citerò, qua, per evitare che il pezzo sia letto come autopromozione. Anzi, no, è autoesclusione.
Questo è un pezzo difficilissimo, forse il più difficile della mia vita, perché vorrei dire ma non posso. Non trovo più, online, un mio articolo nel quale raccontavo, anni fa, al presidente dell’Ordine della Campania, da collaboratore del quotidiano della zona, che neanche al mio peggior nemico auguravo di fare il freelance.
L’IRONIA. Negli ultimi anni, come lavoro io, curriculum alla mano (ed è un curriculum che ostento volentieri, sul mio sito e anche sui social) divento – io in particolare – oggetto di scherno. “Ah, ah, ah, la firma inflazionata”. “Lui che si propone di qua, ma anche di là e poi di là ancora”.
Persino l’ufficio stampa di una società calcistica di serie A mi chiedeva come lavoro, addirittura i compensi.
Allora succede che qualche redattore ti guardi dall’alto verso il basso, che il caposervizio o caporedattore sia richiestissimo proprio per il suo ruolo e spesso diventi anche personaggio televisivo. Il più presente possibile.
Io, invece, è meglio che non faccia sapere di firmare su più testate.
Bisogna stare nell’ombra, no?
Persino la tracotanza di un conduttore che, portando io due libri da mostrare in tv (fra l’altro all’estero, in una tv molto discussa, per la proprietà), per qualche secondo mi abbia dato del “marchettaro”.
Due libri di colleghi, redattori, uno è una firma. Ma vi pare possibile? La passione scambiata per marchette?
Anni fa andai a trovare un volto televisivo, era anche caposervizio di un quotidiano regionale, o caporedattore, comunque allo sport. “Vanni, cosa mi ciondoli davanti?”. Chiamo il tale e anche il tal altro. Vi metto insieme. È una guerra tra poveri, vero?”.
La più grande umiliazione mai provata. “Era una giornata particolare”, mi disse poi. Una presa in giro dal primo all’ultimo metro. “Ragazze, lui è vanni zagnoli …”. Ancora: “È inutile che vai da tutti. L’unico che ti fa scrivere sono io …”.
Falso, là collaboravo dal ’95 e per anni ho scritto tanto su vari settori.
MAI CONTRO IL CAPOSERVIZIO. Altro capitolo, l’incasso del no a priori o quasi. Guai andare oltre il no del caposervizio o del suo vice, è pericolosissimo. Si paga con l’azzeramento.
Un caro emiliano, Cristiano Tassinari, ha scritto un libro sulla vita di freelance, appena assunto. Io non posso scriverlo perché il contratto non arriverà mai. Perché se anche solo esagero in questo pezzo, chi mi aveva messo nel mirino si riconosce e allora zac, la scure compiaciuta. La collaborazione non si chiude ufficialmente però si fa scrivere il minimo indispensabile, per evitare colpi di testa.
LA TRATTATIVA. C’è la trattativa con i direttori e gli editori. I grandi personaggi ci arrivano.
E poi c’è il mettere in campo la propria storia umana. “Ho bisogno di lavorare, ho figli, la mia famiglia ha bisogno. “Ho moglie e due figli. Sono rimasto vedovo”.
Questo è un passaggio delicatissimo, volevo toglierlo ma lo lascio perché è una situazione che ho trovato. Tutte situazioni comprensibilissime, che meritano il massimo del rispetto, però finiscono con l’incidere sulle scelte di chi concede spazio. E talvolta è la redazione a mettersi dalla parte di chi ha problemi.
Beh, diceva bene un ex freelance, poi redattore: “Nessuno mai si batterà per i collaboratori”.
E un pensionato, amico da vent’anni: “Ciascuno si batte per se stesso, il cdr al massimo si batte per la redazione”.
E poi ci sono le etichette. A me magari viene chiesto solo il difficile e in esclusiva.
Altro parere, di un altro neopensionato: “Se il caposervizio decide che un altro è più bravo di te o comunque di puntare su un altro, non puoi farci niente”.
L’ESCLUSIVA. Esistono anche colleghi che si comprano lo spazio, in tv e radio, se lo rivendono e per l’ascoltatore comune sono opinionisti di pregio. E poi dopolavoristi che fanno lavori di qualità, firme. L’importante è che siano in esclusiva. Talvolta è meglio fare un altro mestiere ma firmare in esclusiva. Esistono anche pensionati richiestissimi.
L’INVENZIONE DEL MESTIERE DI FREELANCE IN REGIONE. L’inizio è stato al Carlino Reggio, non c’era spazio in redazione e la collaborazione finì dopo 40 mesi intensissimi. L’8 agosto del ’91 pubblicai 10 articoli miei, alcuni brevi, di cui 8 firmati o siglati. Ma contava l’atteggiamento: il dialogare con simpatia, con passione, prospettando molte idee, veniva considerato da presuntuoso.
E allora il 30 ottobre del ’93 venne dichiarata chiusa la collaborazione e mai più riaperta.
Perché la mia voglia di collaborare a livello nazionale dava un enorme fastidio, enorme.
Due anni fa scrissi che a Reggio Emilia, se non in Emilia-Romagna, ho inventato il mestiere di freelance. In una redazione nazionale hanno riso in tanti, hanno ritwittato. Ovviamente non conoscevano la storia, però ridevano a priori.
L’EREDITA’ E LA DIFESA DI GIBERTINI. Al Carlino Reggio iniziai raccogliendo l’eredità di Marco Gibertini, seguendo la pallamano, e poi mi dedicai a molto altro. “Da abusivo”, si diceva una volta, poi le strade con la redazione cittadina del Resto del Carlino si divisero.
Era curioso che Gibertini fosse benvoluto dalla redazione a cui aveva fatto causa, mentre io … Ecco, poi sappiamo anche com’è andata a finire, con l’indagine su di lui. E io sono stato l’unico a prendere le sue difese, pubblicamente. Spiegando che magari il vortice in cui è precipitato può essere legato anche alle difficoltà a trovare un contratto da giornalista.
IL MATRIMONIO L’ULTIMO DELL’ANNO. Sono sposato con Silvia Gilioli, giornalista pubblicista dal ’95 – e direttrice di vannizagnoli.it dall’ultimo dell’anno del ’94, scelto non a caso perché è fra i cinque giorni in cui i giornalisti non lavorano, così non rischiavo di prendere buchi.
GLI ESEMPI ANTICHI. Nel tempo ho saputo che tanti, in passato, avevano lavorato come me, da Luigi Vinceti allo scomparso Laerte Guidetti. Con una differenza. I più facevano i giornalisti come seconda professione, per qualificare il tempo libero, io a eccezione di tre mesi da portalettere e di poche settimane di altri lavoretti, dopo il diploma al liceo scientifico Lazzaro Spallanzani, ho sempre fatto solo il giornalista. E non ho mai avuto il contratto, se non per due mesi al Giornale, nel 2008.
IL VANTAGGIO PER I FIGLI D’ARTE E IL SORRISO MANCANTE. Il percorso mio è stato avventuroso e accidentato, in particolare rispetto a chi nasce in una famiglia importante, agevolato per cultura e conoscenze e anche proprio nel modo giusto di proporsi.
Sono fondamentali il sorriso e la battuta pronti, avere la capacità di entrare in sintonia con le persone, a 360 gradi. Io preferisco non curare le pubbliche relazioni, errore.
SERVIVA TRASFERIRSI A MILANO. Parlando negli anni con le grandi firme o i grandi deskisti, è emerso un errore. L’essere rimasto a Reggio.
Mi fossi trasferito a Milano, probabilmente farei il redattore in una testata nazionale, fra quante ospitano me e o mia moglie dal ’93, epoca dei miei primi articoli nazionali, con la prima serie A della Reggiana. Ma adesso gli spazi sono minimi e riservati a chi punta decisamente su una sola testata e chi ha una scrittura e una reattività diverse.
IL FREELANCE VIENE EVITATO, IL VOLTO TV INSEGUITO. Frequentando mixed zone, a Reggio e Modena, in passato anche nel resto della regione, noto che chi lavora per Sky, anche da collaboratore, intervista una volta il calciatore (o comunque rappresenta Sky o Mediaset) è vezzeggiato dal calciatore, che lo saluta, gli lascia volentieri numero di telefono, mail e tutto.
Chi invece è freelance o comunque non è riconducibile a una grande testata viene evitato volentieri. “La mail? La sto cambiando, poi te la darò”. “Ho cambiato mail, mandamela su questa”. E poi torna indietro.
Un anno fa ho visto un allenatore fra i più considerati prestarsi volentieri per il sito internet di un collega mercatologo di una grande tv. Se invece io gli faccio domande particolari, come ipotesi, per la stampa nazionale, non risponde proprio.
LE TROPPE MAIL. Incidono anche quelle in negativo: proposte, contatti. “Se tutti facessero come te …”.
I BLOGGER PURI. Perché ce l’ho tanto con certi personaggi, tipo i blogger o i polemisti più accaniti? Semplice, perché danno martellate a destra e a manca, a chi vogliono, non hanno problemi di sorta.
Non devono chiedere interviste, non devono usare prudenza per restare nel mondo del giornalismo, per essere rispettosi di tutto e tutti.
Un freelance, invece, è giudicato a 360 gradi, non può certo scrivere volgarità e poi chiedere spazio a stampa cattolica. Non può prendersela con tutti, tantomeno con le firme che compaiono dove collabora.
E allora i grandi blogger, i re del web e della tv, si fanno ascoltare urlando o con quell’aria da professorini, tuttologi e onniscenti. Qualcuno infila volgarità, la più popolare romanza mettendo di mezzo il figlio minorenne. E poi è facile discettare di tutto, di temi populistici, in maniera demagogica.
Vanni Zagnoli
(18 ottobre 2015)