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Persistenza della notizia e diritto all’oblio: un intreccio complesso non privo di contraddizioni

In quest’epoca ipertecnologica, che vede la produzione-diffusione dell’informazione a ritmo continuo (nei media online h24) emergono nuovi dubbi e interrogativi urgenti.
Uno dei “temi caldi” è la difficile rimozione delle notizie che circolano nella Rete. Ma al centro della riflessione di esperti della comunicazione, giornalisti e giuristi c’è anche il diritto all’oblio. Due questioni complesse, per certi aspetti contraddittorie.
Ne abbiamo parlato con Barbara Grazzini, docente di Diritto della Comunicazione all’Università di Bologna, a margine del seminario di formazione dell’Odg Tecniche e limiti della comunicazione a mezzo stampa nell’era tecnologica.

Come si concilia il diritto all’oblio con la persistenza delle notizie sul web?

«Il problema è che le notizie a volte scappano dal sito originario. Quindi, anche se viene esercitato il diritto alla cancellazione della notizia da un sito sorgente, purtroppo diventa difficile inseguire la notizia quando rimbalza da un sito all’altro. È un problema pratico, ma non è semplice riuscire a rimuovere definitivamente i contenuti dal web. Tutto questo comunque ha a che fare con il trattamento dei dati personali, perché la notizia che riguarda una persona è un dato personale e c’è un diritto che il dato sia aggiornato. E se non è aggiornato, che sia cancellato. Poi c’è il problema dell’interesse: occorre un interesse alla permanenza della notizia. Se la notizia non è più attuale, eventualmente può avere un interesse storico, però deve essere aggiornata».


Quali sono le implicazioni giuridiche, etiche e deontologiche di questa complessa materia?

«Sicuramente c’è una violazione della privacy (perché siamo nell’ambito del Codice Privacy) che in alcuni casi può avere anche conseguenze di natura penale. Il Codice Privacy prevede una serie di diritti fra i quali anche il diritto che i propri dati vengano cancellati. Una precisazione devo farla. La normativa del Codice Privacy non richiede il consenso per l’attività giornalistica, però devono essere rispettati i presupposti per la corretta percezione della notizia. E uno di questi presupposti è l’interesse della notizia, che deve essere un interesse attuale».


Non a caso il Codice Privacy è una delle carte deontologiche rimaste integralmente in allegato al nuovo «Testo unico dei doveri del giornalista» varato il 3 febbraio scorso. Secondo lei come cambia, se cambia, alla luce di tutto questo la professione di avvocati e giornalisti?

«Agli avvocati sicuramente serve anche molta creatività, oltre a tanta competenza, per riuscire ad applicare le norme esistenti alla incessante evoluzione di questo settore: è un continuo inseguimento. E ai giornalisti occorre una grande attenzione per gli aspetti etici che li riguardano. A tutti serve responsabilità e buon senso».

Da più di tre anni c’è un disegno di legge sulla diffamazione in discussione in Parlamento che apporta una serie di modifiche alla legge originaria. In questa stagione multimediale, supertecnologica, crossmediale e rispetto alle implicazioni finora evidenziate, come deve essere considerato il reato di diffamazione?
«È un reato che turba sempre. Secondo me bisogna stare al passo con i tempi che viviamo. La materia è in continua evoluzione e penso che non sappiamo nemmeno dove arriverà. Ci vuole molta competenza, ma anche tanta creatività per riuscire a governare questo settore e penso sia necessario uno sforzo congiunto fra giuristi e giornalisti».

Franca Silvestri

(23 maggio 2016)