Magazine d'informazione

Professione fotoreporter: un sunto negli scatti di tre grandi obiettivi Ansa

Fabbiani, Fiorentini e Parenti seguivano il nord Italia per l’Ansa e principalmente tra gli anni ’60 e ’90 hanno fermato l’obiettivo sui fatti del mondo con la forza della verità che scaturisce da una pellicola ben fatta. Tre immagini su migliaia scattate raccontano un lavoro che richiede competenza, cuore e coraggio. Grazie a loro per aver provato ad aprirci gli occhi e a quelli che continuano a farlo prendendosi insulti (pennivendoli…) e diventando eroi solo quando gli tirano addosso delle bombe

Professione fotoreporter. Vorrei parlarne attraverso tre giornalisti dell’Ansa di Bologna, oggi non più in servizio, ma per decenni protagonisti della cronaca, che saluto con enorme affetto: Ernesto Fabbiani, Franco Fiorentini, Maurizio Parenti. Ne parleremo più avanti ma intanto dico di loro, e proverò a dare qualche prova, che si tratta di tre grandi fotografi di cronaca. Oggi lo siamo potenzialmente tutti, grazie (o per colpa?) a quegli aggeggi (quanto non mi piace la parola smartphone in bocca agli italiani) che abbiamo sempre nella mano e con cui oramai facciamo ogni cosa. Fino a qualche anno fa le immagini della storia erano materia da professionisti. Sempre meno, purtroppo.

Se ne sta riparlando in questi tempi perché ne stanno morendo troppi, ammazzati senza alcun rimorso da chi evidentemente oltre al nemico odia pure la verità. In certi teatri di guerra le foto non le scatta chiunque. Si parla molto male della stampa, e ovviamente qualche critica è lecita se non doverosa. Eppure in nome di quella funzione pubblica c’è gente che rischia la vita – e troppo spesso la perde – per mostrare che cosa accade in certe zone del mondo. In quei posti non siamo mica tutti giornalisti… In quei posti ci va solo la stampa professionale. Quando le viene proibito – a Gaza per esempio – ci sono per fortuna (di noi lettori, non loro) i reporter che in quei posti, dove si vive e si muore orrendamente, sono residenti e provano a sopravvivere mentre raccontano la tragedia. Perché «è uno sporco lavoro ma qualcuno deve pur farlo», è così che si diceva una volta.

Ecco, a leggere troppi commenti sul web – mi riferisco soprattutto a social network quali Facebook e Instagram, ma anche a quello che la gente posta sulle pagine dei media tradizionali – i giornalisti tornano a essere bravi e importanti solo quando muoiono. Prima, se raccontano storie che non corrispondono alle opinioni di chi commenta (sono bravi solo quelli che ci danno ragione, no?), sono giornalai, pennivendoli, servi.

Ma parliamo di cosa significa essere fotoreporter, fotografi di cronaca veri.

Potrei scegliere decine di foto tra quelle firmate da Fabbiani, Fiorentini e Parenti, in ordine alfabetico. Seguivano il nord Italia per l’Ansa, all’epoca monumentale servizio giornalistico con un ruolo centrale nell’informazione, e principalmente tra gli anni ’60 e ’90 hanno fermato l’obiettivo sui fatti del nostro mondo con la forza della verità che scaturisce da una pellicola quando è ben fatta e sa trasmettere emozione e storia.

Fabbiani è il fotografo che descrisse lo scempio della stazione di Bologna, dilaniata da una bomba del terrorismo neofascista che il 2 agosto 1980 fece 85 morti e oltre 200 feriti, con l’immagine di una sopravvissuta, Marina Gamberini, che negli occhi aveva impresse l’atrocità del massacro, la paura, pure la vita che per fortuna non era terminata in lei. Ecco, fare quello scatto e sceglierlo per la pubblicazione richiede mestiere, competenza, cuore, testa.


La sopravvissuta alla Strage del 2 agosto 1980, Marina Gamberini, portata via in barella mentre urla tutto il suo dolore e la disperazione (Photo credits: Ernesto Fabbiani)

Fiorentini è il collega che l’11 aprile 1988 volò a Parma per documentare l’uscita di Licio Gelli dal carcere della città, dove era stato portato appena due mesi prima, concessa per motivi di salute. Il venerabile maestro della P2 stava “così male” che non poteva sopportare il regime carcerario e fu mandato a casa. Naturalmente fu fatto uscire da una porta secondaria, in modo di farlo sfuggire ai cronisti. Franco ebbe un’intuizione fortunata: «Avrà voglia di fare una sosta per un caffè in autostrada…» e si avviò a tutta birra al primo autogrill sull’A1. La fortuna aiuta gli audaci e, come si vede dalla foto, lo stesso Gelli ebbe modo di complimentarsi con il fotografo. Dimostrando per altro di non essere poi messo così male in salute.


Licio Gelli a Parma, l’11 aprile 1988 (Photo credits: Franco Fiorentini)

Parenti è quello che immortalò una delle scene più suggestive del calcio italiano (e non solo): il volo radente al manto erboso con cui, il 4 dicembre del 1966, Ezio Pascutti superò la difesa di Tarcisio Burgnich per segnare l’1-0 nell’incontro tra Bologna e Inter che finì 3-2. Ecco. Fermiamoci qui.


Ezio Pascutti si tuffava a segnare anticipando Tarcisio Burgnich (Photo credits: Maurizio Parenti)

Potrei ricordare altre figure professionali della camera oscura dell’Ansa di via Parmeggiani. Umberto Gaggioli, il fotoreporter con la scala con cui anticipava l’uso dei droni per le riprese dall’alto delle manifestazioni, Giorgio Benvenuti, Alberto Pizzoli, Michele Nucci. Insieme a loro potrei citare altri enormi fotoreporter cittadini come il compianto Paolo Ferrari, Gianni Schicchi, Enzo Pinto, Roberto Serra. Cito i più anziani nella mia cronistoria e mi scuso con chi non nomino. Bologna ha, tuttora, obiettivi in grado di fare la differenza, anche se la quasi gratuità del web ha reso questa professione meno remunerabile di un tempo.

Siamo tutti fotografi e giornalisti, no? Lo si vede, infatti, dalla miseria e del crollo della qualità delle immagini e del dibattito internettiano su qualunque cosa. Sostenere, come continuo a fare, che sulla rete chiunque può insultare e pontificare «spesso senza avere competenza alcuna» non è un insulto: è solo una foto. E condannare l’abuso del diritto di critica non è volontà censoria (qui). È piuttosto la difesa estrema del diritto di critica. L’abuso è un delitto che nuoce a tutti, a partire da quel sacrosanto diritto.

Grazie Ernesto, Maurizio, Franco per aver provato ogni giorno della vostra carriera ad aprirci gli occhi. E grazie a chi ancora continua a farlo. Prendendosi prima dei giornalai e poi magari pure le bombe.

Giampiero Moscato
Direttore cB

Pubblicato su Cantiere Bologna a questo link.
ph Ansa.it
(1 settembre 2025)