
Quella domenica in cui Achille Occhetto annunciò il cambio del nome del Pci. Nuovo libro-verità di Walter Dondi
L’ultima domenica del Pci non è una battuta, ma il titolo di un libro che fotografa, per così dire, una svolta politica d’eccezionale rilevanza, almeno per la storia politica del nostro Paese.
Domenica 12 novembre 1989, infatti, l’allora segretario del Partito comunista italiano, Achille Occhetto, annunciò che – di fronte al crollo del Muro di Berlino ed al maturare dell’irreversibile crisi dei regimi del cosiddetto “socialismo realizzato” – il Partito da lui diretto avrebbe potuto cambiare nome. Scegliendo, significativamente, Bologna per dirlo.
La frase – “Tutto è possibile” – la pronunciò rispondendo ad una insistita domanda (“Segretario, il Pci cambierà nome?”) rivoltagli da un giornalista de l’Unità, Walter Dondi, che ora ha dato alle stampe un libro nel quale racconta quella memorabile giornata professionale e politica.
Così è nato L’ultima domenica del Pci, euro 14.00 (disponibile anche online), circa 130 pagine per i tipi della Bibliotheka Edizioni (nella collana Formiche), con prefazione di Luca Bottura, un’intervista ad Achille Occhetto e la riproduzione di un testo di Michele Serra uscito su l’Unità il 16 novembre dell’89 a sostegno della “Svolta”, come fu definita la scelta occhettiana.
Vi si racconta come l’Unità fece il suo mestiere di giornale “vero” e non di house organ così come l’aveva voluto Palmiro Togliatti che ne sintetizzò in un efficace slogan le caratteristiche: l’Unità avrebbe dovuto essere “il Corriere della sera del proletariato”.
Grazie a Dondi ed al caporedattore Marco Demarco di turno quella domenica nella redazione centrale a Roma (solo come lo era Dondi a Bologna dato che le cronache locali non uscivano il lunedì) il quotidiano comunista pubblicò – unico tra i giornali italiani – una notizia che costituì, al tempo stesso, un’accelerazione del processo che portò alla nascita del Partito democratico della sinistra, ma probabilmente lo complicò poiché quel percorso fu certamente condizionato dall’attenzione (e pressione) mediatica. Si trattò anche di una prova dell’autonomia del giornale dal partito-editore il quale avrebbe certamente gradito un’impostazione più sottotraccia nell’affrontare la delicata questione del nome del maggiore partito comunista dell’occidente per numero di aderenti ed elettori e conseguente peso politico. Un processo che, successivamente, avrebbe comportato polemiche, divisioni ed interferenze esterne.
Perciò quel che racconta il libro è, di fatto, un caso di buon giornalismo, quando si fanno domande anche scomode e le proprie opinioni o convenienze non fanno aggio nel riferire le risposte.
Walter Dondi, modenese, dopo l’Unità è stato Direttore delle Politiche sociali e della Comunicazione di Coop Adriatica e Direttore della Fondazione Unipolis.
Infine, una curiosità “storica” attinente al tema trattato dall’autore.
Chi scrive questa segnalazione in gioventù leggeva – tra l’altro – una rivista la cui testata era il Confronto, diretta – se ricordo bene poiché le mie ricerche anche in internet non hanno avuto esisto – da Gian Paolo Calchi Novati, un noto storico scomparso nel 2017, esperto soprattutto di Africa e colonialismo, collaboratore – tra l’altro – de il manifesto. Siamo nella prima metà degli anni ’70 del secolo scorso. La rivista pubblica un testo, credo a firma dello stesso Calchi Novati, dove si sostiene che il Pci dovesse trasformarsi in un partito democratico di massa e popolare della sinistra italiana. Strani davvero i percorsi ed i tempi della storia.
Giovanni Rossi
(29 settembre 2025)