Ricordiamoci del Codice deontologico e rispettiamo la dignità delle persone
La violenza sulle donne è, purtroppo, uno dei casi in cui il giornalismo dà spesso il peggio di sé. Indugiando troppo su particolari che vanno ben oltre l’essenzialità dell’informazione, per esempio, come avvenne per lo stupro sulla spiaggia di Rimini dove fu pubblicato minuto dopo minuto quanto vissuto dalla ragazza polacca in una vera e propria telecronaca dell’orrore. O diffondendo assolute fake news per mettere in dubbio le dichiarazioni delle donne, come nel caso delle due studentesse americane violentate a Firenze da due carabinieri.
Qualche giorno fa l’ennesimo capitolo è stato scritto sulle pagine virtuali della testata Parma Press 24 nell’articolo Processo Pesci – le foto della vittima dopo la presunta violenza e i messaggi con l’imprenditore. Nell’articolo vengono riportate le foto dei segni lasciati dalla presunta violenza (il processo è in corso) sul corpo della ragazza. Certo, non è identificabile. Certo, non c’è il nome della donna. Ma poco conta. Perché proprio la donna sa che quelle foto diffuse sul web sono le sue. E perché il Codice deontologico dei giornalisti dice chiaramente che “salva l’essenzialità dell’informazione, il giornalista non fornisce notizie o pubblica immagini o fotografie di soggetti coinvolti in fatti di cronaca lesive della dignità della persona, né si sofferma su dettagli di violenza, a meno che ravvisi la rilevanza sociale della notizia o dell’immagine”.
E anche il resto dell’articolo più che fare cronaca sembra già una sentenza anticipata, perfino in quelli che possono sembrare dettagli come scrivere tra virgolette “vittima” e “violenza”. Un conto è parlare di presunta vittima e presunta violenza, essendo il processo ancora in corso. Un conto è usare le virgolette, come se si stesse parlando di pseudo-fatti. No, non sono dettagli.
Emilia Vitulano
Referente dell’Osservatorio regionale sulla professione del Consiglio dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna
(2 luglio 2020)