Strada Nove, ovvero la Via Emilia com’era e come è. Due volumi di Carlo Donati che sono anche guida per un viaggio originale
È proprio una lettura scorrevole e divertente quella che ci propone Carlo Donati con i due volumi di “Strada Nove – La Via Emilia e le sue curve”. Si tratta di un viaggio non solo stradale, ma culturale, a volte perfino onirico lungo una strada che non c’è più, almeno nel suo tracciato storico, salvo qualche tratto, modificata com’è da tangenziali, deviazioni e quant’altro gli umani riescano a fare ad una via. Donati ne ricostruisce il tracciato originale, attraverso una ricerca a volte disperata, non disdegnando, però, di raccontarci anche la “nuova via Emilia” e, soprattutto, ciò che c’era e c’è oggi di vecchio e nuovo lungo il suo percorso qui esaminato da Rimini a Piacenza. Il primo volume comprende il tratto romagnolo e bolognese, mentre il secondo analizza la parte emiliana fino al confine lombardo sul Po.
Carlo Donati è nato a Parma nel 1943 e per molti anni ha diretto, a Bologna, la terza pagina de “il Resto del Carlino”. Divenuto inviato speciale, per lo stesso quotidiano ha curato, nel 2005, il volume “120 anni di grandi firme”.
Ha dato alle stampe i due volumi – di oltre 300 pagine ciascuno – per i tipi dell’editore anconetano Massimo Canalini (affinità elettive + Cattedrale editori: è la singolare denominazione della casa editrice). Ogni volume costa 16 euro.
La Via Emilia, dunque. Donati trova di tutto lungo il suo percorso emiliano-romagnolo e lo racconta ai suoi lettori in una cavalcata attraverso i luoghi, le città più o meno grandi, i paesi più o meno piccoli, dove riesce a trovare particolarità poco conosciute e perfino occasioni di polemica come quando a Reggio Emilia trova che “la Via Emilia a San Pietro è stata di recente restaurata, in parte pedonalizzata e biciclettata”, come scrive lui stesso. Il problema è che l’occasione è stata colta per seppellire un pezzo visibile dell’antico selciato della storica strada realizzata da Marco Emilio Lepido, cosa che ha indignato l’autore (del libro e forse anche quello della strada, nell’aldilà). Altra polemica: la difficoltà enorme a trovare delle toilette pubbliche e quando le si trova sono in condizione deplorevoli. A volte non è nemmeno sufficiente rivolgersi ai bar dove la consumazione, anche se solo per condizionamento psicologico (ma spesso l’obbligo c’è davvero: “i bagni sono riservati ai clienti” recita un cartello ben in vista), diventa obbligatoria, perché non di rado anche quelli sono sprangati.
Divertente anche il ricordo delle rivalità di campanile come quelle tra Parma (la città dell’autore) e Piacenza (quella del sottoscritto) impegnate a disputarsi il ruolo di capitale del Granducato e perfino Giuseppe Verdi (oltre a molto altro).
Il suo è un giusto inno alla Via Emilia, alla sua lunga e travagliata storia. È evidente l’amore dell’autore per il soggetto del suo scrivere che lo spinge ad un confronto con la leggendaria Route 66 americana così incensata a differenza della nostrana Via Emilia, dimenticata e trasformata, ma che a suo dire meriterebbe assai di più della consorella statunitense. Per questo motivo auspica ben altro trattamento e, con rammarico, ricorda i pochi cartelli che la indicano per di più maltrattati in tutti i modi, comprese le fucilate a pallini. Allo stesso modo nel suo viaggio Donati segnala cose che dovrebbero (e meriterebbero) di essere viste e ricordate: geniali case “rotanti”, edifici industriali da recuperare e ponti che anch’essi meriterebbero ben altra considerazione e conservazione come quello sul Reno che “ha i marciapiedi rabberciati, parapetti di fortuna e le quattro sirene alle imboccature diventate vecchiette rugose e cadenti”.
Basta, ci fermiamo qui. Buona lettura.
Giovanni Rossi
(16 dicembre 2021)