È “il più mancino dei tiri” alla rovescia Il processo di via Barberia di Del Prete
Si poteva intitolare “Così sbagliammo”. Oppure “Così facemmo gol, nonostante”. La copertina poteva essere la mitica foto di Ezio Pascutti che fa gol di testa in volo parallelo al terreno, Burgnich e la sua colossale Inter non riescono ad afferrarlo: e il pallone doveva essere dipinto di rosso, con disegnata una falce e un martello. Può essere un libro sulla memoria e la nostalgia; in verità dimostra che il mitico Pci non è mai esistito nemmeno sotto le Due Torri, i mitici comunisti sì. Che poi non erano mitici, hanno fatto errori, porcherie e anche loro, come il Bologna F.C. del ’64, hanno vinto un proprio scudetto. Finito, come quello rossoblù, fra garbate, omologanti macerie.
Il processo di via Barberia di Domenico Del Prete è “Il più mancino dei tiri” alla rovescia. Se Edmondo Berselli partiva da un cross
di Mario Corso per danzare su tutto, dalla politica alla letteratura, Del Prete fa il contrario, parte dalla politica per raccontare la vita. Gol e autogol, come quelli del berselliano Comunardo Niccolai nel Cagliari dello scudetto. E del Pci, non solo di Bologna, non solo di Del Prete, figlio del Manifesto, fondatore di Repubblica a Bologna.
“Una vicenda politica nella federazione comunista più importante d’Italia”, Pendragon editore, è un libro giallo, un racconto storico, grandi freddi, grandi caldi, grandi cattiverie e zingarate. Tutto per un amore esclusivo che si è rivelato una fregatura: il comunismo. Il protagonista si chiama Mario Soldati, come lo scrittore-regista. Un comunista che finisce malissimo perché cerca qualcosa che adesso tutti santificano: un riformismo vero. Lui, operaio, come osa: passi ancora per il suo compare Umbro Lorenzini, che è un intellettuale. Per uno che non ha studiato non si può, nemmeno nella Bologna che sta pur diventando la patria del riformismo. E dove i dirigenti come Guido Fanti rimuoveranno pure dalla memoria l’ex dirigente Soldati.
Soldati, con la sua vita distrutta dai suoi compagni, guida in un lungo viaggio per Bologna, nei decenni, nelle miserie e nelle ricchezze, fino a Walter Vitali e “la sanguinosa sconfitta alle elezioni del ‘99”. “Così i Ds corsero allegramente verso il disastro”. Del Prete mette subito dopo, come chiusura, la morte di Mario Soldati, pur avvenuta 35 anni prima, nel ’64, travolto da un’auto, poco dopo la sua caduta politica. Sarebbe buona cosa che il libro finisse in qualche scuola di giornalismo: Del Prete ha scarpinato fra documenti e testimoni. Tanti. Nomi che ancora ricordano qualcosa e nomi dimenticati. Per una narrazione corale, quindi politica che scorre come un fiume e un’epopea. Da “quando il Pci scoprì che processare è meglio che governare” alla fine del sindaco-formica e via con il deficit spending che allora si chiamò disavanzo di bilancio; da Dossetti a “Claudio Sabattini, il sindacalista che portò gli operai in Paradiso”. Per poco e fu il primo a morire di una generazione.
Marco Marozzi
(1 agosto 2016)